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April 1, 2015 Newsletter

E’ meglio mangiare pasta o riso?? La pasta ha un contenuto calorico leggermente superiore, è più ricca di lipidi, proteine e fibre mentre è più povera di acqua e carboidrati. Il riso avendo un contenuto proteico inferiore alla pasta, ha un indice chimico superiore che lo rende sotto questo punto di vista equivalente, se non addirittura superiore alla pasta.

Stabilito che mangiare riso fa bene bisogna imparare a cuocerlo!

La cottura del riso è la base per ottenere un risotto eccezionale ed è una delle cose più difficili da fare in cucina. Ci sono tante piccole regole da imparare e qualche suggerimento da seguire per ottenere un piatto perfetto.

Ve ne do 5 di suggerimenti che spero possiate trovare utili:

  • sappiate che per cuocere bene il riso è necessario curarlo, mescolare e aggiungere l’acqua o il brodo al momento giusto e poco a poco. Tuttavia, per chi ha pochissimo tempo a disposizione, suggerisco di provare la pentola pressione. Onestamente la trovo molto comoda: poco tempo (circa 5 minuti) e senza sforzo (potete lasciare anche il riso a se stesso, ci penserà la pentola a cuocerlo). Una soluzione molto pericolosa, però, in termini di resa della cottura. Ci vogliono diversi tentativi per capire gli esatti tempi di cottura e di liquido da inserire in pentola. Insomma, è un metodo da utilizzare solo in caso di necessità e dopo averci preso la mano.
  • altro aspetto da considerare è la qualità del riso, dalla quale dipende non solo il gusto finale del vostro piatto ma anche i tempi di cottura. Controllare i tempi sulla confezione è d’obbligo. Dovete considerare, però, anche un altro aspetto: da quanto tempo avete il riso in dispensa. Se il riso è vecchio, può richiedere un po’ più tempo per cuocere perché una parte dell’umidità in esso contenuta è evaporata.
  • mantecate il riso con olio o formaggio a fuoco spento senza esagerare nel mescolare. Evitare di girare il riso ossessivamente è un suggerimento che vale anche durante la fase di cottura, più lo girate, più la consistenza finale apparirà collosa, perché girando il riso disperdete l’amido. Per questo è importante stare attenti che ci sia sempre abbastanza brodo, non distraetevi e aggiungetelo quando vedete che si sta asciugando, altrimenti il riso si brucerà. Questo è un altro punto a favore della cottura del riso con la pentola a pressione, dove per la natura stessa della pentola, non è possibile intervenire sul riso, che per forza resterà immobile durante tutta la cottura.
  • Per ottenere un risotto “professionale” non dovete tralasciare la tostatura del riso. Buttate il riso sopra il soffritto e fatelo tostare per massimo un minuto. Quando vedete che cambia colore, lo avete tostato alla perfezione e potete farlo sfumare e aggiungere il brodo per la cottura.
  • Infine, un suggerimento che non sempre è preso in considerazione ma che vi assicuro è in grado di modificare il sapore del risotto: lasciatelo riposare qualche minuto prima di servirlo.


March 26, 2015 Newsletter

C’è chi lo fa per necessità e chi, invece, lo fa per ragioni etiche; sempre più persone, oggi, sostituiscono il latte di origine animale, con uno di derivazione vegetale. Gli intolleranti al lattosio, i vegetariani estremi o vegani e chi ha il colesterolo alto, può scegliere tra diverse tipologie di latte ricavate da alimenti vegetali.

La soia, come in molti sapranno, è un legume originario della Cina, dove fu coltivata per la prima volta più di 5 mila anni fa. I frutti, simili ai fagioli, sono gialli e lunghi dai 3 agli 8 cm. Arrivò in Europa alla fine del 1800, inizialmente, solo per essere studiata ma, più tardi, fu anche coltivata. Non solo in Europa, le coltivazioni di soia ben presto, si estesero in tutto il mondo.

Il latte di soia si ottiene tramite un processo di macerazione, della durata di circa una notte, della soia intera oppure della sua farina. Poi, la soia è macinata e, a essa, è aggiunta l’acqua necessaria ad ottenere la consistenza desiderata. La purea ottenuta è portata a ebollizione. Infine, il tutto è filtrato per eliminare i residui. La preparazione è piuttosto semplice, infatti, il latte di soia può essere tranquillamente fatto in casa. In commercio, invece, lo troverete con la dicitura “bevanda di soia”, come vuole la legislazione europea.

I benefici più importanti del latte di soia sono principalmente due: non contengono lattosio e colesterolo.

Circa il 75% della popolazione mondiale, è intollerante al lattosio. Una buona fetta di popolazione mondiale, quindi, può trovare quasi tutti i benefici del latte vaccino in un latte di origine vegetale senza il rischio di avere reazioni allergiche. Tuttavia, è meglio fare attenzione, perché anche la soia può causare allergie (anche se in una percentuale esigua).

Come molti altri alimenti di origine vegetale, il latte di soia è privo di colesterolo. Non male come caratteristica per un alimento, soprattutto se pensiamo che una tazza di latte di mucca contiene, invece, 20 milligrammi di colesterolo, quasi il 7% della quantità raccomandata per un maschio adulto. Questa importantissima caratteristica, rende il latte di soia un alimento molto consigliato per chi ha il colesterolo alto o per chi ha sofferto o soffre di problemi cardiaci.

Invece, le proteine contenute nel latte di soia sono sostanzialmente le stesse del latte di mucca. Sono però, più digeribili e hanno un elevato tenore di lisina, un amminoacido essenziale per il corpo umano che va assunto esclusivamente attraverso l’alimentazione.

Questi i benefici fino ad oggi provati dalla scienza, si stanno facendo, però, altri studi per verificare l’ipotesi che la soia aiuti a prevenire nella donna il tumore al seno e nell’uomo il tumore alla prostata. Ci sarebbero, poi, ulteriori benefici per le donne in menopausa. Gli isoflavoni di soia, che agiscono in modo simile agli estrogeni, potrebbero, infatti, aiutare contro le vampate di calore e prevenire l’osteoporosi. Ma è tutto, ancora, da verificare!

Agli intolleranti al nichel questo latte non è consigliato d’uso giornaliero.



February 25, 2015 Newsletter
Riportiamo e commentiamo l’intervista fatta al Dr. Alberto Mantovani, direttore di reparto dip. sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare (Spvsa) – tossicologia alimentare e veterinaria, Istituto superiore di sanità.
Che cosa sono gli interferenti endocrini (Ie) e quali i loro meccanismi d’azione?

Sono un gruppo eterogeneo di sostanze in grado di alterare il funzionamento del sistema endocrino con meccanismi diversi (recettoriali, metabolici ecc.). I principali bersagli dei loro effetti sono l’omeostasi degli steroidi sessuali e della tiroide, dunque la salute riproduttiva e lo sviluppo.

Quali sono i principali Ie e quali sono le fonti di assunzione per l’uomo?
Molte sostanze di origine antropica sono Ie: composti alogenati che si bioaccumulano e interferiscono con gli steroidi sessuali, come le diossine, che hanno un effetto antiestrogeno e i policlorobifenili (PCB). Poi ancora diversi pesticidi e biocidi (per esempio etilene-bisditiocarbammati) e composti industriali (come ritardanti di fiamma polibromurati) che hanno un’azione tireostatica.
Sono Ie anche alcune sostanze naturali: lo zearalenone, una micotossina contaminante dei cereali, ha un’azione estrogenica simile. Lascia ancora dei dubbi l’esposizione a dosi elevate di fitoestrogeni come isoflavoni e lignani, durante la gravidanza o la prima infanzia: sono infatti deboli agonisti del recettore estrogeno beta e sono presenti anche nella soia, ingrediente base di integratori e latti artificiali.
Una delle fonti di esposizione per l’uomo sono le matrici alimentari, soprattutto se ricche di grassi (per es., certi tipi di pesci), dove i vari Interferenti Endocrini (IE) si possono accumulare.

Quali sono le categorie più a rischio e quali sono le patologie associate?
La gravidanza e l’infanzia sono le fasi più a rischio, anche se spesso gli effetti si manifestano a lungo termine, e possono variare con il sesso e l’età in cui è avvenuta l’esposizione. Il WHO segnala che l’esposizione può aumentare il rischio di patologie riproduttive, disturbi comportamentali nell’infanzia, fino a diabete e alcuni tipi di cancro (testicolo, mammella).

Va poi considerato che dosi molto basse di diversi IE con la stessa azione, possono sommare i loro effetti fino ad indurre un effetto tossico significativo.

Quali sono i comportamenti corretti per ridurre il rischio?
Secondo il Decalogo per i cittadini sugli IE pubblicato dall’ISS e dal Ministero Ambiente è opportuno minimizzare l’esposizione alle fonti: usare contenitori in plastica o stoviglie integri, secondo le modalità previste dal produttore; limitare il consumo di alimenti che possono accumulare IE e il contatto dei cibi con carta oleata o pellicole. Inoltre bisogna fare attenzioni ai metodi di cottura (eliminare parti carbonizzate che contengono idrocarburi policiclici aromatici); limitare il consumo di cibi affumicati ed evitare il ristagno dei fumi in cucina e della polvere negli ambienti chiusi; per i bambini, variare la dieta e assicurare un apporto adeguato di vitamine e microelementi con effetto protettivo.

Aggiungiamo che un controllo sul qualità della composizione corporea, eseguendo un test sui capelli, mineralogramma, ci indicherà la percentuale di minerali presenti nei tessuti, la possibilità di riscontro di metallo pesanti potenzialmente tossici.

Un controllo sulla qualità della flora batterica dell’intestino, ci orienterà sul grado di Disbiosi intestinale, e sulla possibilità di correggere l’alimentazione.

Il test su possibili intolleranze alimentari ( ALCAT Test) segnalerà le possibili incompatibilità di alcuni alimenti indirizzando il nutrizionista specialista sul tipo di dieta da seguire per evitare infiammazioni e possibili malattie derivanti da contaminati alimentari. Il test ALCAT analizza anche intolleranze a sostanze chimiche presenti negli alimenti oltre che a conservanti e additivi alimentari.

Valutazione e integrazione sono alla base dei percorsi di prevenzione individuale e personalizzata.



January 20, 2015 Newsletter

La comune FARINA 00 che si trova nei supermercati si ottiene attraverso la macinazione industriale del chicco di grano. Tale processo prevede l’eliminazione del germe di grano e della crusca, per consentire una maggiore conservazione del prodotto a discapito di importanti sostanze

nutritive come aminoacidi, acidi grassi, sali minerali e vitamine, che vengono persi durante il procedimento. Il prodotto che si ottiene è quindi ricco quasi esclusivamente di AMIDI, polisaccaridi responsabili dell’innalzamento repentino della quantità di zucchero nel sangue (picco glicemico), il quale richiama l’intervento di un ormone, l’INSULINA.

Tale ormone ha capacità anabolizzanti ed è quindi in grado di AUMENTARE LA QUANTITÀ DI DEPOSITI ADIPOSI ALL’INTERNO DELL’ORGANISMO e INNESCARE FENOMENI DI RESISTENZA INSULINICA

che, se esasperati, possono portare all’insorgenza del DIABETE DI TIPO II.

Discorso analogo può essere fatto per la FARINA DI RISO: pur essendo

priva di glutine, è tuttavia ricchissima di amidi e povera di proteine e quindi responsabile di un repentino innalzamento della quantità di zuccheri nel sangue con conseguente RILASCIO DI INSULINA e dei problemi ad essa connessi. Fortunatamente, negli ultimi anni molte aziende hanno cominciato a produrre farine maggiormente ricche in fibre o provenienti da cereali diversi dal grano, dando inizio al filone delle cosiddette “FARINE ALTERNATIVE”. Tra queste abbiamo:

  1. FARINA INTEGRALE DI FRUMENTO: conserva integralmente la crusca ed è per questo molto più ricca di fibre, fattore che contribuisce ad abbassare il picco glicemico.
  2. FARINA DI MANITOBA: è una farina di grano tenero molto ricca in proteine e con pochi Contiene anche la glutenina e la gliadina che, a contatto con l’acqua, formano il glutine.
  3. FARINA DI FARRO INTEGRALE: è prodotta della macinazione del farro, il più antico tipo  di frumento E’ una farina molto ricca di vitamine (A, B2 e B3) e di sali minerali (fosforo, potassio e magnesio). E’ adatta per la realizzazione di dolci, pasta e pane.
  4. FARINA DI SEGALE: è ricca di proteine e sali minerali; ha proprietà fluidificanti del sangue, rafforza e mantiene elastiche le arterie prevenendo l’aterosclerosi e, grazie al basso picco glicemico, è ideale anche nelle diete per diabetici. E’ adatta per la preparazione di pane e di alcuni tipi di dolci.
  5. FARINA DI AVENA INTEGRALE: è una farina ricca di fibre e con un migliore potere saziante rispetto alla farina di Grazie alla presenza di vitamine, minerali e altre sostanze nutritive si rivela un ottimo alimento energizzante ed’è inoltre in grado di rallentare l’assimilazione del glucosio e di abbassare il livello di colesterolo cattivo (LDL).

Accanto alle farine alternative con basso INDICE GLICEMICO, abbiamo anche quelle consigliate per chi soffre di CELIACHIA o di SENSIBILITÀ AL GLUTINE perché prive di tale proteina. Tra queste abbiamo:

  • FARINA DI CECI: ricca di minerali (calcio, fosforo, ferro), di proteine e vitamine (C, B). Si ricava dalla macinazione dei ceci essiccati e ne conserva tutte le proprietà. Grazie alle saponine presenti, inoltre, tale farina è molto utile per diminuire i livelli di colesterolo e trigliceridi nel Molto versatile in cucina, può essere utilizzata per dolci, pasta, gnocchi e panature.
  • FARINA DI MAIS: viene soprattutto utilizzata per la preparazione della polenta e di dolci caratteristici, mentre non è adatta per la panificazione, a meno di mischiarla con altri tipi di farine.
  • FARINA DI CASTAGNE: nota anche con il nome di farina dolce, essa è costituita da castagne precedentemente essiccate e infine E’ ricca di carboidrati e sali minerali e povera di grassi. Ideale per le più svariate preparazioni sia dolci (castagnaccio, torte, biscotti, frittelle) che salate (pasta, gnocchi, crepes).
  • FARINA DI QUINOA: viene ottenuta a partire dalla macinazione dei chicchi di questo pseudocereale di origine Si tratta di una pianta erbacea della famiglia delle Chenopodiaceae (la stessa famiglia degli spinaci o della barbabietola); si differenzia inoltre dai cereali per via del suo contenuto di lisina e per una maggiore ricchezza di amminoacidi. E’ ricca di sali minerali come calcio, ferro e potassio.
  • FARINA DI GRANO SARACENO: viene ottenuta dalla macinazione di una pianta erbacea della famiglia delle Polygonaceae (è quindi in realtà uno pseudo-cereale). E’ una farina ricca di amminoacidi essenziali e con un alto valore biologico: le sue proteine sono infatti paragonabili a quelle della carne e della soia
  • FARINA DI MANDORLE: è una farina con un buon contenuto di acidi grassi insaturi, proteine, zuccheri, vitamine (E, B) e sali minerali. Molto sfruttata nella preparazione di dolci, la farina di mandorla ha un elevato potere calorico e grazie ad un enzima, l’emulsina,che facilita la digestione dei glucidi.
  • FARINA DI SOIA: ottenuta dalla macinazione dei semi di questo legume, la farina di soia contiene proteine ad alto valore biologico, sali minerali, vitamine e acidi grassi essenziali come omega 3 e omega 6. Può essere utilizzato dai vegani come sostitutivo delle proteine della carne e delle uova.
  • FARINA DI CANAPA: una delle ultime novità sul fronte delle farine alternative, si ottiene dalla pressatura dei semi di questa Possiede proteine ad alto valore biologico, come quelle della soia, acidi grassi essenziali omega 3 e omega 6 e fibre.


December 10, 2014 Newsletter

Se la salute vien mangiando,allora iniziamo dalla prostata con una corretta alimentazione e una giusta prevenzione.

La prostata è una ghiandola con secrezione esterna situata all’incrocio delle vie seminali con le vie urinarie, in stretto rapporto anatomico con il retto, la vescica urinaria e principalmente con le vescicole seminali situate lateralmente, vescicole che rappresentano il principale “serbatoio” del liquido seminale.

Il ruolo della prostata e delle vescicole seminali è quello di secernere la parte liquida dello sperma che serve a veicolare, a nutrire e ad aumentare la possibilità di sopravvivenza degli spermatozoi.

In più, la ghiandola prostatica gioca un ruolo protettivo nei confronti del tratto urogenitale dalle infezioni ed altre aggressioni, è una specie di “filtro” del carrefour uro-seminale che “pulisce” i liquidi che passano, cioè sperma e urine.

Gli agenti infettivi possono arrivare alla prostata e quindi alle vescicole seminali per via ascendente uretrale (rapporti sessuali, piscine, ecc) e per via linfatica dagli organi adiacenti (retto, ecc).

Una volta superata la sua capacità di difesa, si può arrivare a infiammazioni/infezioni della prostata e delle vescicole seminali (prostatite, prostato-vescicolite) che influiscono sia sulla fertilità che sull’attività sessuale.

Le conseguenze di una prostata infiammata possono riflettersi negativamente sulla vita sessuale maschile, dal dolore durante i rapporti all’eiaculazione precoce.

Cosa provoca il cancro alla prostata?

Molti fattori possono influenzare la salute della ghiandola prostatica, tra questi non per ultimo un’attenzione particolare è riservata all’alimentazione. L’esposizione a diverse tossine ambientali, lo stress, l’ereditarietà, l’assetto ormonale sono tutti fattori influenzanti il benessere della prostata.

Sottoporsi a screening urologici: controllare il PSA ( attraverso un prelievo di sangue ) negli uomini sopra i 40 anni, sottoporsi ad una visita urologica, eventuale ecografia trans rettale e nei casi dubbi o per confermare sospetti, biopsia della ghiandola.

Da poco siamo in grado di effettuare un test genetico che ci aiuta a capire se e quanto siamo predisposti a sviluppare un tumore prostatico. Attraverso un semplice prelievo di cellule della mucosa orale, grazie ad uno spazzolino dedicato, siamo in grado di analizzare le sequenze del DNA in grado di generare anomalie potenziali per lo sviluppo del tumore della prostata.

Inizialmente si forma un’ipertrofia prostatica che in genere è benigna, l’ingrossamento della ghiandola porta disturbi nella minzione con difficoltà nel primo getto e comunque nel caso in cui la situazione si evolva, un tumore ha bisogno di parecchi anni per formarsi.

L’alimentazione, tanto a lungo ignorata dalla moderna medicina, è stata finalmente riconosciuta come una delle cause primarie di cancro alla prostata nel 1982, un rapporto del National Research Council ha messo in evidenza lo stretto rapporto tra abitudini alimentari e cancro al seno, colon e prostata.

La prostata si può mantenere sana evitando cibi tipo spezie, fritti, condimenti piccanti ecc probabili cause di un’irritazione intestinale che si trasmette alla prostata, una delle possibilità per prevenire ciò è l’attività fisica, dato l’utile ruolo svolto dall’attività muscolare nell’evitare la stasi sanguigna che favorisce l’infiammazione.

Un altro fattore importantissimo che incide sullo stato di salute della prostata sono le intolleranze alimentari.

Le intolleranze alimentari sono una specie di allergie mediate non dalle immunoglobuline E (IgE) ma dal sistema immunitario difensivo o innato rappresentato dai Granulociti Neutrofili ma a differenza delle allergie sono tardive, interne e cumulative. Le intolleranze ai vari alimenti creano un effetto di tipo infiammatorio a livello della mucosa intestinale, infiammazione che comporta la vasodilatazione e quindi l’apertura delle “porte” d’uscita dei germi (E. coli, Enterococcus fecali, ecc) dal retto e il passaggio di questi germi alla prostata dove diventano molto virulenti, non trattandosi del loro habitat normale e non avendo la prostata sviluppato i sistemi di difesa contro germi non abituali.

Il risultato è un’infiammazione della prostata e delle vescicole seminali nei pazienti intolleranti con tutte le conseguenze riportate sopra.

Da sottolineare che la maggior parte delle infiammazioni prostato-vescicolari sono asintomatiche quindi vengono scoperte solo quando il paziente si rivolge al medico per problemi di infertilità, eiaculazione precoce, deficit erettile di mantenimento, sintomatologia urinaria e/o eiaculatoria ecc.

La prostata  rappresenta quindi un organo centrale dell’apparato genito-urinario con implicazioni sia sulla fertilità che sulla sessualità dell’uomo e nonostante il parere comune che le patologie prostatiche siano una prerogativa delle persone anziane, i giovani sono più suscettibili alle patologie infettive in quanto più attivi sessualmente. Tra i fattori che influiscono sulla salute della prostata, di sicuro le intolleranze alimentari si trovano ai primi posti.

L’alimentazione: vanno evitati cibi che possono irritare le vie urinarie come gli insaccati, i fritti e cibi troppo piccanti o speziati. Sono da bandire le bevande alcoliche, mentre si possono consumare con moderazione le bevande gassate.

Alcuni cibi protettivi per la salute delle prostata sono : melograno, frutti di bosco, melone, papaia, mango, radice di zenzero  e tutti i frutti della stagione  estiva, utili per la salute non solo prostatica ma di tutto l’organismo.  Anche alcuni carotenoidi, in particolare il licopene contenuto  soprattutto nei pomodori (specie se consumati cotti), sono protettivi. I cereali, noci e soia  sono altri fattori dietetici con proprietà preventive nei confronti del cancro prostatico probabilmente per via del loro alto contenuto di fitoestrogeni. Anche i famosi acidi grassi della serie Omega 3/6 sono benefici, poiché mantengono attiva e in salute la ghiandola.

Le proteine vegetali infine risultano avere un effetto protettivo  modulando la produzione  dell’insulina e di IGF-I (Insulin-licancroe Growth  Factor) caratterizzato da una potente attività carcinogena. Non per nulla  questo fattore risulta essere presente in livelli significativamente più  bassi nei vegani, rispetto ai consumatori di prodotti animali (vegetariani  inclusi).
Una moderata e regolare attività fisica è invece consigliata per una buona ripresa e un pronto recupero dell’organismo.

Esistono comunque numerosi studi in base ai quali si può sostenere che i grassi saturi (essenzialmente di origine animale) aumentino il rischio di questa patologia e diminuiscano le probabilità di sopravvivenza del paziente già colpito da tumore. La  dieta ipercalorica e l’obesità sono stati associati ad un aumento dell’incidenza di cancro prostatico, così come la correlazione tra il consumo di latte e la possibilità di formazioni tumorali definita da oltre 10 anni.

Recentemente si è visto aumentare il rischio del 50% nei forti consumatori di latticini e secondo alcune ricerche sarebbe la frazione non-grassa del latte, a causa del contenuto di Calcio, più che i grassi saturi del latte ad essere il fattore responsabile dell’incremento. La caseina presente nei prodotti lattiero-caseari, aumenta il rischio di sviluppare il cancro prostatico, se consumata in maniera costante per tutta la vita.

Sebbene alcuni cibi animali quali i latticini contengano vitamina D, la loro assunzione non risulta protettiva a causa della contemporanea introduzione di Calcio legato alle proteine animali, difficili da assorbire da parte dell’organismo  che di conseguenza va incontro ad una carenza di Vitamina D per consumo e incapacità a trattenerla.      



November 26, 2014 Newsletter

Continua il sodalizio tra  IMBIO  –  ALCAT TEST  e la cittadina di Rovato (BS), dove l’istituto ha deciso di tornare per un nuovo appuntamento, organizzato in collaborazione con la Farmacia San Carlo, il 27 novembre presso la sala intitolata a Monsignor Zenucchini del comune del bresciano.

Occasione in cui l’istituto milanese  ha ottenuto l’ennesima conferma di interesse da parte di addetti ai lavori e non, per gli argomenti trattati in occasione del convegno, dall’emblematico titolo “E adesso…COSA MANGIO?”.

Intolleranze alimentari e prevenzione i temi della serata,adeguatamente illustrati dal Prof. Giuseppe Di Fede, direttore sanitario di IMBIO  e  IMGEP , e dal Dott. Sacha Sorrentino biologo nutrizionista rovatese  staff IMBIO.

Per anni, l’idea comune è stata quella che l’introduzione di calorie in eccesso ,fosse l’unico modo per ingrassare.  In realtà l’assunzione di alimenti non tollerati da parte dell’organismo induce un aumento della massa grassa ed ecco appunto spiegato uno degli innumerevoli e spiritosi slogan utilizzati da ALCAT TEST, che “Gli effetti delle intolleranze alimentari, non sono sempre divertenti”.

Gli eventi organizzati negli ultimi anni, hanno ampiamente contribuito a sensibilizzare e convincere gli italiani a condurre uno stile di vita più sano ed attento a ciò che mangiano, perché se davvero   “ Siamo ciò che mangiamo”, occorrerà fare attenzione.



September 24, 2014 Newsletter

Dolcificano i cibi ma senza le calorie del saccarosio. Ma i dolcificanti artificiali (aspartame, saccarina, sucralosio) più che prevenire disordini metabolici quali intolleranza al glucosio e diabete, potrebbero addirittura favorirne la comparsa o peggiorarne i sintomi. È quanto suggeriscono le recenti ricerca di scienziati, pubblicate su Nature. In effetti, riferiscono i ricercatori, la relazione tra uso di dolcificanti e disordini del metabolismo sono strettamente legate.

Visto il loro ridotto (e in alcuni casi assente) contenuto calorico, i dolcificanti artificiali vengono impiegati in una grande varietà di cibi – dai dolci alle bevande light – e consigliati a chi desidera mantenersi in forma, o a chi soffre di intolleranza al glucosio (elevati livelli di glucosio nel sangue) e diabete di tipo 2.

Ma sebbene vengano considerati benefici e consigliabili a causa del loro ridotto contenuto calorico, scrivono i ricercatori, non vi sono dati scientifici certi che avvalorino la sicurezza e l’efficacia di questi composti. Per questo il team guidato da Eran Elinav del Weizmann Institute of Science (Israele) ha deciso di studiare che tipo di effetti hanno questi composti sulla composizione e funzione del microbioma intestinale di topi ed esseri umani, e quali conseguenze sul metabolismo glucidico (zuccheri).

Per farlo i ricercatori hanno alimentato dei topi con acqua addizionata di diversi dolcificanti (quali aspartame, saccarina e sucralosio) e osservato che effetto questo avesse sul loro metabolismo rispetto a topi che bevevano solo acqua o acqua addizionata di zucchero (saccarosio) o glucosio.

Dopo circa 11 settimane gli scienziati hanno visto che gli animali che avevano ricevuto i dolcificanti sviluppavano una marcata intolleranza al glucosio rispetto a quelli che invece avevano bevuto acqua zuccherata tradizionalmente. Un effetto questo mediato dalla popolazione batterica, spiegano gli scienziati: quando infatti i topi ricevevano degli antibiotici in grado di diminuire la flora microbica, gli effetti derivanti dall’aggiunta dei dolcificanti sparivano.

I dolcificanti modificavano anche la composizione del microbioma intestinale nei topi, così come la loro funzionalità (per esempio aumentando le capacità di degradazione dei carboidrati negli animali che avevano consumato i dolcificanti).

Risultati simili a quelli visti nei topi sono poi stati osservati anche sugli essere umani: in soggetti che non consumavano solitamente dolcificanti, una volta sottoposti a regime dietetico ad alto contenuto di queste sostanze, dopo appena quattro giorni si registravano alti livelli di glucosio nel loro sangue.

Il test ALCAT per al ricerca di intolleranza alimentari a zuccheri e dolcificanti, può aiutarci a scegliere in anticipo il tipo di integrazione di zuccheri nella dieta. Un aiuto ulteriore può essere fornito dal test genetico sulla ricerca della predisposizione al diabete tipo 2 e resistenza insulinica. Il profilo del risultato darà indicazioni nutrizionali per prevenire il diabete e le condizioni di alterato metabolismo degli zuccheri.

Il consumo di dolcificanti piuttosto che aiutare a tenere sotto controllo anomalie metaboliche potrebbe favorirne la comparsa agendo sulle popolazioni microbiche dell’intestino.

 



July 22, 2014 Ricette

Le perle di tapioca sono comuni in oriente, in molte preparazioni, ma anche negli Stati Uniti, sono semplicemente delle palline di farina di tapioca che si gonfiano e possono essere lavorate una volta cotte a contatto con l’acqua.

La tapioca è una fecola alimentare prodotta a partire dalle radici di manioca. La tapioca ha un gusto e una consistenza speciale e puo’ essere cucinata in molti modi

E’ un alimento nutriente e facilmente digeribile che si è rivelato utilissimo nelle diete per bambini e convalescenti. Essa è infatti una ricca fonte di calorie, assai simile alla giustamente famosa crema di riso, con cui vengono preparate pappe e minestrine per gli stomachi più delicati.

trovi la ricetta qui



July 5, 2014 Newsletter

La soluzione a diete inconcludenti è scritta nel vostro Dna. Grazie allo studio approfondito dei geni coinvolti nel metabolismo e preferenze alimentari, è possibile elaborare piani nutrizionali personalizzati molto più efficaci nella perdita di peso, ma anche nella prevenzione di malattie come l’ipertensione, la depressione e il cancro. Studiare il genoma umano permette di aprire nuove possibilità per lo sviluppo di diete personalizzate e di alimenti funzionali, che migliorano la salute delle persone e quindi la loro qualità di vita.

Questo è quanto emerge dallo studio dei ricercatori dell’Università di Trieste e dell’Irccs Burlo Garofolo, l’istituto per la salute materno infantile triestino, presentato alla conferenza annuale della European Society of Human Genetics (Eshg).

I ricercatori friulani hanno iniziato il progetto Genome Wide Association Studies (Gwas) proprio per cercare di svelare le basi genetiche di alcune preferenze alimentari. Lo studio ha coinvolto 2311 italiani, e 1.755 persone, provenienti da diversi paesi europei e dell’Asia centrale, chiamate in seguito per verificare ulteriormente i risultati. I nostri studi saranno importanti per comprendere l’interazione tra l’ambiente, gli stili di vita e il genoma nel determinare lo stato di salute di una persona.
La ‘dieta genetica’ o meglio la Nutrigenomica si può adattare alle preferenze alimentari individuali e consente di ottimizzare il lavoro del metabolismo, per ottenere il meglio dai cibi che mangiamo. Inoltre, è semplice da seguire, perché ricordare i cibi che si amano di più o di meno, è più facile.

Lo studio della Nutrizione legato all’attività genetica, da dieci anni ormai, impegna lo staff dell’Istituto di Medicina Biologica di Milano, in collaborazione con L’Istituto di Medicina Genetica Preventiva Personalizzata, sempre di Milano. L’interazione gene e alimenti, interessa sia i ricercatori che i medici nutrizionisti, per creare soluzioni adeguate e personalizzate ai bisogni individuali. Il raggiungimento del risultato è in funzione di una buona aderenza alle indicazioni che fornirà lo specialista, seguendo le indicazioni del test genetico.
Ancora, in un recente studio, i ricercatori dell’Università di Trieste hanno personalizzato la dieta di 191 persone obese divise in due gruppi, 87 in un gruppo di prova e 104 in un gruppo di controllo in base alla conoscenza di alcuni geni. La dieta è quindi stata formulata in base ai singoli profili genetici , mantenendo l’apporto calorico complessivo, uguale per tutti. In due anni, le persone che avevano seguito la dieta genetica, anche se all’inizio dello studio non vi erano differenze significative per età, sesso e indice di massa corporea tra i due gruppi, avevano perso il 33% in più di peso rispetto al gruppo di controllo, e la loro percentuale di massa magra era aumentata di più rispetto agli altri.



June 19, 2014 Newsletter

Numerose evidenze scientifiche pubblicate nel corso degli anni hanno ampliato la conoscenza delle potenzialità metaboliche dell’intestino, conferendogli un’importanza fondamentale per il buon funzionamento del nostro sistema immunitario, del nostro sistema endocrino e della nostra sfera psichica. Oggi il nostro intestino deve essere considerato un organo di fondamentale importanza per la salute ed il benessere di tutto l’organismo.

A livello intestinale si riscontrano una notevole quantità di germi e batteri . La cosa più importante è che questa la flora intestinale  “fisiologica” sia in simbiosi con l’organismo. Questa condizione di equilibrio è definita eubiosi.

Quando questo equilibrio viene alterato si può generare una condizione patologica chiamata Disbiosi. I sintomi spesso sono aspecifici, caratterizzati da un’alterazione del transito intestinale, sia in termini di stitichezza ma a volte anche di sindrome diarroica. Il tutto associato frequentemente a gonfiore addominale, flatulenza, digestione lenta, stanchezza (la flora batterica produce vitamine B), suscettibilità alle infezioni, diminuzione delle difese immunitarie (la flora batterica produce anticorpi), candidosi intestinale e/o vaginale, vaginiti e cistiti ricorrenti nella donna.

Tra i fattori che possono contribuire a generare la Disbiosi vi sono:

alimentazione sbilanciata (uso eccessivo di grassi, zuccheri, carni rosse ed insaccati in genere, carenza di frutta e verdura, abuso di sostanze alcolici, fumo, ecc.), scarsa od insufficiente attività fisica, utilizzo di terapie farmacologiche protratte nel tempo (es. l’assunzione indiscriminata e prolungata di antibiotici, cortisonici, estroprogestinici, lassativi, ansiolitici, vaccini, chemioterapie, ecc).

Ma anche: contatto con sostanze quali conservanti e coloranti alimentari, radiazioni ed emissioni elettromagnetiche, metalli tossici contenuti in alimenti o in contenitori di alimenti o nelle stoviglie (alluminio, mercurio, piombo), pesticidi, ormoni steroidei alimentari.

 La comparsa di processi infiammatori intestinali, spesso legati ad una cattiva alimentazione e/o all’uso indiscriminato di farmaci (antiinfiammatori, antibiotici) in associazione ad una condizione di disbiosi intestinale possono essere responsabili non solo di malattie a carico del nostro intestino ma anche a livello di altri distretti come ad esempio la pelle (dermatite atopica, acne, psoriasi), infezioni delle vie urogenitali (candidosi vaginale, cistite, prostatite), malattie metaboliche (obesità, diabete, sindrome metabolica), malattie della sfera psichica (ansia, depressione), malattie autoimmuni (tiroidite cronica, artrite reumatoide).

Un corretto inquadramento clinico consente di programmare un piano terapeutico individualizzato che prevede, non solo un cambiamento dello stile di vita del paziente e delle sue abitudini alimentari, ma deve anche portare all’individuazione di quei presidi utili a consentire il ripristino della salute ed il benessere dell’intestino, e di conseguenza di tutto il nostro organismo.

Per fare ciò occorre intervenire utilizzando pre e probiotici, modificando il regime dietetico (inserendo ad ogni pasto verdura cotta o cruda per stimolare la crescita dei batteri intestinali e incrementare l’apporto di frutta), aumentare l’apporto di liquidi nel bilancio idrico giornaliero.

Disbiosi in Gravidanza

Da alcuni recenti studi, è emerso che durante la gestazione, il feto può entrare in contatto con microorganismi di provenienza materna. Frammenti di DNA batterico sono stati rinvenuti, infatti, nel cordone ombelicale, nel liquido amniotico e addirittura nel meconio.

La loro presenza è resa possibile dal fatto che l’intestino della donna gravida, durante la gestazione, diventa più permeabile e ciò favorisce la traslocazione batterica. Questo aspetto è di fondamentale importanza perché, se la donna si trova in condizioni di Eubiosi, il contatto del feto con i ceppi batterici corretti creerà una condizione molto favorevole che permetterà all’intestino del neonato di entrare in contatto i bifidi. Se, invece, la donna gravida si trova in Disbiosi, si può assistere al passaggio dal circolo ematico materno, attraverso la placenta, al feto di ceppi batterici diversi che potrebbero comportare una maggiore esposizione a patologie da parte del neonato.

Il terzo trimestre di gravidanza è fondamentale per lo sviluppo del feto. Se l’intestino della gestante è in Eubiosi, sarà favorita una corretta elaborazione del cibo introdotto, con una minore estrazione di calorie dagli alimenti ed un più facile controllo del peso. In caso contrario, la presenza di Disbiosi intestinale durante la gravidanza determina un maggiore assorbimento di calorie che porterà ad un incremento ponderale della gestante con aumento del rischio di insorgenza di diabete gestazionale, mentre nel nel neonato si può assistere allo sviluppo di diabete infantile, allergie, obesità infantile, ecc. La Disbiosi è direttamente coinvolta nell’obesità perché crea una condizione di infiammazione a basso grado responsabile della scorretta elaborazione ed assorbimento dei principi nutrizionali con conseguente incremento di peso. La stessa problematica la si può verificare anche in individui normali anch’essi in Disbiosi.

La Disbiosi favorisce, inoltre, lo sviluppo di un intestino permeabile, con conseguente incremento della predisposizione allo sviluppo di malattie infiammatorie croniche dell’intestino quali M. di Crhon, RCU, Gluten Sensitivity ed anche Autismo

L’allattamento al seno da parte di una donna in Eubiosi è protettivo in quanto consente di abbassare il rischio di insorgenza di diabete, obesità, malattie autoimmuni e allergie nel neonato. Attraverso l’allattamento al seno, inoltre, si ha un ridotto sovraccarico funzionale a carico di fegato e reni.

Un altro aspetto importante dell’allattamento al seno è determinato dal fatto che, oltre alle IgA secretorie, il latte materno è ricco di Lisozima. Entrambe queste molecole inibiscono la proliferazione di patogeni, favorendo la crescita di bifidi. La Lattoferrina materna, invece, facilita l’assorbimento del ferro a livello intestinale sottraendolo ai patogeni che lo utilizzano (bacteroides ed enterobatteri).

Nel latte artificiale, la Lattoferrina viene denaturata ed il ferro resta nel lume intestinale e si trasforma in un ottimo substrato nutritivo per alcuni patogeni quali enterobatteri e bacteroides. L’allattamento artificiale, inoltre, facilita l’instaurarsi e lo sviluppo di clostridum ed escherichia spp associato ad un ridimensionamento della popolazione di bifidobatteri.

I bifido batteri sono i ceppi più importanti del piccolo intestino. Vanno assunti soprattutto nel terzo trimestre di gravidanza per stimolare la produzione di serotonina con riduzione delle alterazioni del tono dell’umore (riduce la possibilità che si possa instaurare una Sindrome depressiva postpartum), contribuiscono a contenere la problematica della stipsi in gravidanza associandoli ad un coretto stile di vita ed alimentare, favoriscono l’assorbimento di vit B12, riducono il rischio di diabete gestazionale.

 A cura del Dr. Stimolo Angelo – Medico Chirurgo, esperto in Idrocolon terapia e benessere intestinale.


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