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Si può sostituire un pasto con un cono gelato? Ecco il consiglio della nutrizionista. 

Si possono coniugare dieta e gelato? Spesso in estate quando si ha voglia di gelato si scelgono gusti alla frutta, pensando siano meno calorici e più dietetici, ma non è sempre così. La dottoressa Giulia Temponi, biologa nutrizionista in Imbio, ci spiega perché a volte è meglio scegliere il gusto preferito piuttosto che optare per un gusto frutta che poi non è così dietetico come sembra.

Gelato alla frutta o alla crema? L’importante è come viene fatto.

In estate la voglia di consumare alimenti freschi è chiaramente maggiore. Nel caso del gelato a fare la differenza non è tanto il gusto alla frutta o alla crema, ma gli ingredienti utilizzati per prepararlo.
Gli ingredienti usati per la preparazione dei gelati a base cremosa possono essere latte, panna e zucchero a cui vengono aggiunte uova fresche o in polvere. A questa base vengono aggiunti gli ingredienti che determinano il gusto (cacao, caramello, caffè, biscotti, frutta secca), aromi ed eventualmente coloranti. Quindi, a meno che non sia segnalato, anche il gelato alla frutta ha una base cremosa a base di latte.
In linea generale i gelati artigianali hanno meno conservanti e coloranti dei gelati confezionati e la qualità è data dalla presenza o meno di ingredienti freschi come la frutta o di prima scelta nel caso di frutta secca o altri gusti.
La differenza tra le due tipologie di gelato è anche dal punto di vista nutrizionale: il gelato alla crema contiene più proteine e calcio di quello alla frutta, mentre quest’ultimo se realizzato con materie prime fresche può contenere un discreto contenuto di antiossidanti e vitamine.

Si può mangiare il gelato a dieta?

Se viene mangiato con moderazione, il gelato può essere inserito in una dieta equilibrata, ma non può essere considerato come sostituto del pasto. Dal punto di vista nutrizionale il gelato è fortemente sbilanciato, spiega la dottoressa Temponi. Va considerato come un vero e proprio sgarro, come un’eccezione alla routine alimentare.

Il gelato: “mai come sostituto di un pasto”

Il gelato è un dessert e non può essere considerato un valido sostituto di un pasto bilanciato a causa della totale assenza di fibre. La fibra è essenziale per abbassare i livelli di glicemia, ovvero di glucosio nel sangue, e controbilanciare la presenza di zuccheri del gelato.

Per bilanciare al meglio il gelato la nutrizionista consiglia di optare per un cono o una coppetta misti, con gusti alla frutta e alla crema, al fine di coniugare le diverse composizioni nutrizionali delle due tipologie di gelato.

La ricetta della nutrizionista per preparare a casa un gelato sano e goloso

A chiunque volesse cimentarsi nella preparazione casalinga di un gelato sano, la nutrizionista ha pensato ad una ricetta semplice, rapida e gustosa come il frozen yogurt proteico con anacardi e cioccolato, perfetto come merenda proteica fresca o come spuntino post workout.

Frozen yogurt anacardi e cioccolato

Ingredienti per 2 porzioni

20 gr anacardi
15 gr cacao amaro o cioccolato fondente
200 gr yogurt greco 0%
1 cucchiaino miele (opzionale)
40 gr bevanda vegetale alle mandorle o avena senza zucchero
pizzico di sale

Preparazione

Metti in freezer lo yogurt greco per almeno due ore.
In un mixer frulla anacardi e cacao, in un secondo momento aggiungi sale, miele e frulla ancora. 
Infine aggiungi lo yogurt greco congelato, la bevanda vegetale e frulla fino ad ottenere un gelato cremoso.

Un’altra idea golosa e fresca è quella di consumare la frutta allo stesso modo.
Congelate ad esempio fragole, lamponi e mirtilli e frullateli con un po’ di acqua o latte vegetale per preparare un buon sorbetto ready-to-eat.

Per qualsiasi consiglio nutrizionale personalizzato non esitare a contattarci per metterti in contatto la nostra nutrizionista.

Dott.ssa Giulia Temponi
Biologo nutrizionista

Riferimenti: Gelato, Estate
Redattore: Dott.ssa Giulia Temponi


La riflessologia plantare applicata ai bambini può essere un ottimo strumento per ridurre piccoli grandi disturbi quotidiani dei più piccoli

L’accezione odierna della riflessologia deriva dagli studi del medico statunitense W. H. Fitzgerald (1872-1942), il primo a definirla terapia zonale. Fitzgerald suddivise il corpo umano con 10 linee verticali partendo dal capo e arrivando alle estremità mani e piedi. Tutte le linee attraversano organi e apparati che si riflettono poi sul palmo della mano e del piede.

Le mani hanno le stesse zone riflessogene dei piedi, ma negli anni sono andate incontro a una riduzione della capacità propriocettiva; si possono massaggiare qualora non sia possibile l’intervento sui piedi, sui quali invece si preferisce lavorare in quanto zone maggiormente sensibili e recettivi, qui infatti risiedono i punti che agiscono di riflesso in corrispondenza di tutte le ghiandole, gli organi e differenti parti del corpo.

Con la digitopressione di tali punti si agisce quindi sugli organi corrispondenti a livello nervoso, circolatorio, linfatico ed energetico, ristabilendo l’equilibrio all’interno del corpo dei nostri bambini, un po’come nell’agopuntura, che agisce a distanza sugli organi attraverso la stimolazione di punti specifici, ma molto meno doloroso.

Come funziona la riflessologia plantare sui bambini?

Sono numerose le teorie che illustrano i meccanismi che governano l’efficacia della riflessologia plantare nel mondo del bambino.

La modalità più frequentemente utilizzata nell’ambito della seduta di riflessologia plantare è quella del movimento del “dito a bruco”.

La pressione esercitata sulle varie zone riflesse, invia un messaggio al centro della sede del dolore (localizzato a livello dell’intestino tenue), che a sua volta invierà un messaggio al cervello, stimolandolo ad intervenire sui vari organi di riferimento ripristinando l’equilibrio generale dei vari organi interessati. Il bambino avrà un grande sollievo e così pure notti serene per i genitori.

Quali sono i benefici della riflessologia per i bambini?

La riflessologia è di aiuto in diverse situazioni: da problematiche come la stipsi o le coliche gassose, fatica all’addormentamento a patologie più strutturate come la contrazione e “l’argento vivo addosso” molto spesso chiamato già con il termine di iperattività – ADHD. La reflessologia è di supporto anche in situazioni come il torcicollo miogeno, il piede torto e traumi articolari.

I punti riflessi sono paragonabili agli interruttori della luce mentre gli organi hanno la funzione di accumulatori di energia, spiega la dott.ssa Licia Lavigna, omeopata-neuropsichiatra infantile presso lo studio IMBIO di Milano. Questa interazione permette di riattivare la circolazione elettrica del nostro organismo e in base alle differenti frequenze elettrolitiche sarà gradualmente eliminata l’anidride carbonica dal corpo e questo aiuta i bimbi a sonni più tranquilli.

A chi rivolgersi per la riflessologia plantare dei bambini?

Il professionista che pratica trattamenti di riflessologia plantare sui bambini e sugli adulti, deve per legge aver completato un ciclo di studio specialistico, che può variare da 2 a 3 anni e che deve essere conseguito presso una scuola riconosciuta, che fornisca un diploma di qualifica professionale da mostrare in caso venga richiesto dai pazienti.

I risultati non mancheranno, la riflessologia plantare per i bambini è un alleato fondamentale per la buona crescita dei nostri figli e soprattutto la digitopressione favorirà una migliore postura dei piedi dei nostri cari bambini. La costanza di sottoporsi ai trattamenti è un requisito importante che assicura il raggiungimento di ottimi risultati.

Solitamente i bambini rispondono molto bene e rapidamente alle sedute, riducendo notevolmente il numero di trattamenti rispetto ad un adulto, assicura la dott.ssa Licia Lavigna dopo 24 anni di esperienza sul campo.

Come sperimentare la riflessologia sui bambini?

Consigliamo di affidarsi a un terapeuta per una prima seduta, che può mostrarvi quali sono i punti più benefici per vostro figlio/a.

Lasciamoli liberi di correre o camminare a piedi scalzi sull’erba o sulla sabbia. Compriamo loro scarpe non strette, non di moda ma semplici. Il contatto con il suolo è un inconsapevole auto-massaggio che riattiva la circolazione e il flusso delle correnti di energia.

Il benessere dei nostri figli passa anche dall’essere liberi di muoversi e di correre.

Contattaci per info e prenotazioni di riflessologia plantare

 

Dott.ssa Licia Lavigna
Omeopata-neuropsichiatra infantile

Ivano Lualdi
Riflessologo, massofisioterapista

Riferimenti: RIflessologia plantare, bambini
Redattore: Dott.ssa Licia Lavigna


Il caldo ci rende inattivi, molto stanchi e spesso ci impedisce di affrontare anche i semplici impegni quotidiani privandoci dell’energia fisica e mentale necessaria. Ma gli integratori servono davvero?

Quando le temperature aumentano, la pressione sanguigna scende, provocando spossatezza, affaticamento e stanchezza generale che possono essere aggravati da un alto livello di stress e dall’abitudine di bere poca acqua.

Con i primi caldi afosi, come quelli di questi giorni, c’è chi pensa già ad un integratore a base di magnesio e potassio per recuperare le energie. Ma quando è davvero il caso di assumerli e quando, invece, può essere sufficiente un’integrazione alimentare?

Magnesio e potassio svolgono una serie di funzioni molto importanti:

  • il magnesio fa bene alle ossa e al sistema nervoso ed è necessario per la produzione di energia;
  • il potassio regola l’equilibrio di fluidi e minerali, mantiene la giusta pressione corporea, aiuta a contrarre i muscoli e tutela l’attività delle cellule nervose

La dottoressa Giulia Temponi, nutrizionista in Imbio, ci aiuta a scegliere gli alimenti più ricchi di questi minerali e a capire quando è necessario integrarli al di fuori dell’alimentazione.

Le proprietà del potassio

Il potassio è il principale minerale presente nelle cellule degli adulti. Si tratta di un elemento indispensabile all’organismo e d’estate, complice l’innalzamento delle temperature, il nostro fabbisogno aumenta.

Tra le sue funzioni importantissime:

  • stimola la contrazione muscolare, compresa quella del muscolo cardiaco
  • contribuisce alla regolazione e all’equilibrio dei fluidi all’interno e all’esterno delle cellule, mantenendo la pressione arteriosa regolare
  • riduce il rischio di aterosclerosi
  • regola la trasmissione degli impulsi nervosi e muscolari

Quali sono gli alimenti che contengono potassio?

Fortunatamente il potassio a tavola non è difficile da trovare. È presente in quasi tutti gli alimenti, ma quelli più ricchi sono i vegetali freschi, frutta, verdura e legumi, meglio se poco trasformati, poiché la lavorazione ne può modificare il contenuto nutrizionale.

In particolare sono buone fonti di potassio:

  • verdure in foglia come insalata e spinaci
  • pomodori
  • cetrioli
  • zucchine
  • melanzane
  • zucca
  • patate
  • carote
  • fagioli
  • frutta secca
  • banana
  • fragole

Carenza di potassio

Crampi muscolari, stanchezza e piccoli disturbi metabolici come inappetenza e stitichezza, possono essere sintomi di una carenza di potassio.

La carenza di potassio può essere un semplice deficit passeggero determinato dal caldo, una sudorazione eccessiva, esercizio fisico intenso o una dieta drastica e non equilibrata, ma in casi più rari, può essere causata da patologie più importanti a carico dell’apparato gastro-intestinale. Anche l’abuso di diuretici o una terapia cortisonica prolungata possono provocare l’ipocaliemia, ovvero una carenza di potassio importante.

In questi casi, la quota di elettroliti viene compromessa ed è consigliabile integrarli con un’alimentazione corretta e con alcuni rimedi naturali semplici ma efficaci.

Le proprietà del magnesio

Anche il magnesio è un minerale dalle numerose funzioni, piuttosto diffuso negli alimenti.

Questo minerale partecipa a numerose reazioni cellulari e regola gli enzimi che controllano la sintesi proteica (e quindi la formazione e il funzionamento di muscoli e nervi), la regolazione di glicemia e pressione arteriosa. Inoltre allevia i crampi e aiuta ad eliminare tossine e scorie, stimolando il transito intestinale.

Grazie alle sue proprietà miorilassanti stimola il rilassamento muscolare e, in combinazione con la melatonina, può favorire un buon sonno. Infine, è utile contro i crampi mestruali.

Quali sono gli alimenti che contengono magnesio?

Le fonti di magnesio sono simili a quelle di potassio. Anche questo minerale è presente in:

  • vegetali a foglia verde come gli spinaci e l’insalata
  • legumi
  • frutta secca e semi oleosi
  • cereali integrali

In generale tutti quegli alimenti ricchi di fibre sono anche buone fonti di magnesio.

Carenza di magnesio

Come per il potassio, anche per il magnesio le carenze non sono frequenti. I soggetti più a rischio sono coloro che assumono farmaci o che soffrono di malattie che possono compromettere l’assorbimento a livello intestinale dei minerali, come:

  • celiachia
  • diabete di tipo 2
  • morbo di Crohn
  • chi ha affrontato un bypass gastrico

Nelle situazioni più gravi la carenza di magnesio può portare a contrazioni muscolari e crampi, intorpidimenti, aritmie, riduzione dei livelli di calcio e potassio nel sangue, mentre un eccesso di magnesio può dare diarrea, nausea e crampi addominali.

Gli integratori di magnesio e potassio sono davvero utili?

Una dieta equilibrata e varia dovrebbe garantirci il giusto apporto di questi sali minerali, tuttavia vi sono alcune circostanze in cui potremmo averne un fabbisogno maggiore come ad esempio in gravidanza, con l’età avanzata o quando svolgiamo attività fisica particolarmente intensa che porta ad una grande sudorazione.

Per chi, prima di assumere un integratore, volesse provare a ritrovare il proprio equilibrio elettrolitico anche in estate con degli spuntini ricchi di potassio e magnesio la dottoressa Temponi suggerisce: una banana, 30-40 grammi di frutta secca, altrettanti di semi oleosi, un panino integrale o un piatto di cereali integrali.

Senza dimenticare che, per contrastare la disidratazione è importantissimo non solo bere, ma anche “mangiare acqua” consumando molta frutta fresca e verdura.

Se non sapete quale sia il vostro caso specifico, vi aspettiamo per una consulenza personalizzata per trovare il rimedio migliore ai vostri problemi stagionali di caldo.

Dott.ssa Giulia Temponi
Biologo nutrizionista

Riferimenti: Magnesio e potassio, Caldo
Redattore: Dott.ssa Giulia Temponi


Cefalea, stanchezza cronica, irritabilità possono essere sintomi della sindrome dell’intestino permeabile o gocciolante. Una patologia sempre più frequente che porta al deterioramento della barriera intestinale con il rischio di sviluppare allergie ed altri disturbi 

La sindrome dell’intestino permeabile o sindrome dell’intestino gocciolante (Leaky Gut Syndrome), è una condizione in cui la barriera intestinale non è più in grado di svolgere la sua funzione protettiva, che consente l’assorbimento dei nutrienti e impedisce l’ingresso di tossine, agenti patogeni o sostanze allergizzanti nel circolo sanguigno.

La barriera intestinale è di fondamentale importanza, non solo per il benessere fisico e psichico, ma anche per la salute e la buona risposta del sistema immunitario. Se questa barriera viene meno, siamo più esposti ad una serie di rischi che possono portare allo sviluppo di allergie, disturbi, problemi alla tiroide e malattie autoimmuni.

La dottoressa Giulia Temponi, biologa nutrizionista in Imbio, ci spiega quali sono le possibili cause di questa sindrome, come riconoscerla e come l’alimentazione può giocare un ruolo fondamentale nella cura.

Cause della sindrome dell’intestino permeabile 

Le cause della sindrome dell’intestino permeabile o gocciolante possono essere diverse.
Alla base può essere causata da stress fisici prolungati, sovrallenamento, cattiva alimentazione (eccessi alimentari, abuso di zuccheri e cereali raffinati, ecc…), utilizzo di farmaci come antibiotici o fans, abuso di lassativi, deficit enzimatici e disbiosi (disequilibrio della flora batterica).

A seguito di queste situazioni le funzioni della barriera si possono alterare innescando un processo infiammatorio ed un’iper-reattività del sistema immunitario. Questo può portare a malattie infiammatorie croniche o autoimmuni, come ad esempio la celiachia e la psoriasi.

Quali sono i sintomi della sindrome dell’intestino permeabile?

I sintomi più comuni della sindrome dell’intestino permeabile (sindrome dell’intestino gocciolante) sono:

  • cefalea
  • irritabilità
  • ansia
  • sbalzi d’umore
  • stanchezza cronica
  • dolori articolari e muscolari
  • disturbi intestinali (intestino irritabile, costipazione, gonfiore addominale, diarrea)
  • allergie e intolleranze alimentari
  • alterazioni tiroidee (soprattutto ipotiroidismo)

Gli sbalzi d’umore sono connessi al rilascio di serotonina, che ha origine proprio nell’intestino.

Complicanze della sindrome dell’intestino permeabile: deficit di vitamine e minerali

Uno dei campanelli d’allarme utili a diagnosticare la sindrome dell’intestino permeabile è il deficit di micronutrienti.
Una carenza di vitamine e/o minerali può essere causata dal mal assorbimento intestinale.

Se si riscontrano carenze importanti di minerali e vitamine (ferro, magnesio, zinco, selenio, iodio, vitamine del gruppo B, vitamine A, C, E e omega 3) è bene provvedere ad una integrazione.

Il test per diagnosticare questa patologia è un esame su feci, che rileva i livelli di zonulina, la proteina prodotta dalle cellule enteriche che modula la permeabilità delle giunzioni strette tra le cellule della parete del tubo digerente e ne regola la permeabilità intestinale. Alti livelli di zonulina sono correlati ad un deterioramento della mucosa intestinale.

Quali alimenti possono provocare la sindrome dell’intestino permeabile?

Oltre allo stress e all’assunzione di farmaci, esistono alimenti che possono provocare la sindrome dell’intestino permeabile.
Se soffriamo di questo disturbo dovremmo eliminare dalla nostra dieta:

  • gli alimenti contenenti glutine, proteina che interferisce con il rilascio di zonulina, ed alimenti ad alto indice glicemico (come i carboidrati raffinati, i prodotti da forno, i dolci) che fermentano facilmente nell’intestino
  • i prodotti lattiero-caseari, la beta caseina in essi contenuta causa un aumento dei livelli del marker infiammatorio del colon e un aumento della secrezione di mucina che in elevate quantità, contribuisce a questa sindrome
  • la solanina, alcaloide contenuto nelle solanacee (ovvero pomodori, patate, melanzane, peperoni, peperoncino), che può risultare tossica e stimolare una risposta immunitaria in presenza di questa sindrome
  • le saponine, contenute in quinoa, liquirizia, basilico, legumi, soia e avena (inducono la formazione di pori permanenti sulle membrane cellulari che permettono il passaggio di grosse molecole come la ferritina)
  • fruttosio, che determina alterazioni del microbiota e della permeabilità intestinale oltre ad un’infiammazione sistemica mediante l’aumento dei livelli di proteine marker dello stress ossidativo

L’ intervento nutrizionale ed integrativo da adottare va comunque personalizzato, considerando ogni singolo caso.

Cosa mangiare se soffriamo di sindrome dell’intestino permeabile?

Esistono alimenti che possiamo definire “amici dell’intestino” e del suo microbiota (la flora batterica intestinale).
Tra questi troviamo:

  • le proteine ad alto valore biologico (come quelle del pollame allevato all’aperto, del pesce selvaggio, delle carni grass fed)
  • i cibi ricchi di grassi buoni come l’olio extravergine di oliva, il pesce grasso e azzurro di piccola taglia, la frutta a guscio e i semi oleosi (che in alcuni casi possono essere fermentanti)
  • i carboidrati integrali ricchi di fibre, ma a basso indice glicemico
  • gli alimenti fermentati ricchi di probiotici, che hanno un ruolo chiave nel ripristinare la barriera intestinale, come crauti, kefir, kimchi, yogurt di cocco o da latte di capra o tè kombucha

Il consiglio generale se soffriamo di sindrome dell’intestino permeabile è quello di seguire una dieta anti-fermentativa.

Rimedi alla sindrome dell’intestino permeabile

L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nella cura della sindrome dell’intestino permeabile. Oltre all’alimentazione la Dott.ssa Giulia Temponi, nutrizionista, consiglia di evitare di bere molto durante i pasti, perché causa fermentazione, assumere prebiotici (fibre solubili e insolubili, ricche di inulina e FOS) e in un secondo momento, integrare con probiotici.

Inoltre, usare miscele di enzimi digestivi che facilitano l’assorbimento degli alimenti ingeriti.
A livello di cottura degli alimenti è meglio prediligere quelle più semplici e leggere, evitando fritti e soffritti.

La sindrome dell’intestino permeabile è la conseguenza di un prolungato stato di disbiosi intestinale: per questo il consiglio è quello di fare ciclicamente, almeno ad ogni cambio di stagione, un ciclo di prebiotici e probiotici.
Se poi vogliamo aggiungere una pulizia profonda dell’intestino meglio ancora.

Dott.ssa Giulia Temponi
Biologo nutrizionista

Riferimenti: Sindrome dell’intestino permeabile, Sindrome dell’intestino gocciolante
Redattore: Dott.ssa Giulia Temponi

 

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Scegliere con cura cosa mangiare durante la gravidanza è importante per ridurre i rischi per la madre e per il bambino, ecco i consigli della nutrizionista. 

Quando si scopre di aspettare un bambino una delle prime domande che ci si pone riguarda l’alimentazione: cosa, quanto e come mangiare? Se l’alimentazione ha un ruolo importante per la nostra salute, a maggior ragione è fondamentale prendersene cura in gravidanza, per la salute della mamma e del bambino.

Ingrassare in gravidanza può essere un timore comune a molte future mamme, ma per evitare che si realizzi, la dieta migliore è varia, sana ed equilibrata. L’alimentazione e lo stile di vita nei nove mesi di attesa possono prevenire numerose malattie come il diabete gestazionale, l’ipertensione ed eventuali complicazione durante la gestazione e durante il parto.

Le scelte alimentari si riflettono sulla salute del bambino, che cresce grazie ai nutrienti assunti dalla mamma. Oggi sappiamo che l’alimentazione materna condiziona le funzioni del cuore, del cervello e del metabolismo del bambino con ripercussioni sul suo stato di salute fino all’età adulta.

Abbiamo chiesto alla Dott.ssa Giulia Temponi, biologo nutrizionista in Imbio, qualche prezioso consiglio dedicato alla dieta delle future mamme.

“Seguire un corretto regime alimentare per fare in modo che la mamma abbia le forze e i nutrienti necessari per affrontare la gravidanza e il bambino per svilupparsi correttamente”
Dott.ssa Giulia Temponi (Biologo nutrizionista)

Dieta in gravidanza: non bisogna mangiare per due! 

Ancora oggi c’è un falso mito da sfatare sull’alimentazione in gravidanza: non bisogna mangiare per due! 
Anzi, soprattutto nei primi 4-5 mesi il feto è molto piccolo e il fabbisogno energetico della futura mamma non aumenta e non si dovrebbe prendere peso. Solo nella parte finale della gravidanza aumenta il fabbisogno energetico della donna.

Durante la gravidanza si potrebbero prendere dai 9 ai 12 kg, oltre diventa anche difficile smaltirli dopo il parto. Non solo: il peso non è solo una questione estetica, ma soprattutto di salute. Se si prendono troppi kili durante la gestazione oltre a gravare sulla schiena e sulle articolazioni si rischia il diabete gestazionale.

È inevitabile che la gravidanza comporti intensi cambiamenti nel corpo della donna, tuttavia molti di questi sono del tutto reversibili. Saperli gestire ed accettare significa anche poterli invertire in modo più rapido, efficace e fisiologico.

Le voglie in gravidanza: sono gli ormoni che parlano.

Le voglie in gravidanza sono improvvisi, irresistibili, urgenti desideri di qualche cibo in particolare che ci rendono nervose, irritabili e capricciose almeno fino alla soddisfazione degli stessi. Se notate somiglianze con le voglie prima del ciclo è normale, perché sono desideri causati da un cambiamento ormonale.

La voglia di dolci, cioccolato, salatini è piuttosto comune quando si hanno sbalzi ormonali importanti. In gravidanza queste voglie possono aumentare. C’è chi tende a togliersi gli sfizi perché pensa che tanto ingrasserà comunque: in questo caso bisogna stare attente, perché il rischio di ingrassare più del necessario è in agguato e può essere pericoloso anche per il futuro nascituro.

Dieta in gravidanza, cosa mangiare? 

Premesso che ogni caso dovrebbe essere seguito nel modo più personalizzato possibile, considerando lo stato di salute e le abitudini generali della donna prima della gestazione, ci sono comunque degli alimenti che non dovrebbero mancare nella dieta in gravidanza.

Un regime alimentare equilibrato in dolce attesa prevede:

  • grassi, carboidrati e proteine
  • tre pasti principali e due spuntini ogni giorno

che sono le regole base di un corretto regime alimentare.

Tra gli alimenti che vanno consumati ogni giorno non bisogna mai dimenticare frutta e verdura di stagione, ricche di vitamine, minerali e antiossidanti utili per la futura mamma e per il feto. Sono indispensabili le proteine ad alto valore biologico, come quelle contenute nel pesce azzurro, nella carne bianca e nelle uova. I grassi buoni Omega 3 che troviamo sempre nel pesce azzurro, nella frutta secca e nei semi oleosi.

In gravidanza è meglio prediligere i cibi ricchi di folati, che sono indispensabili nel processo di crescita e riproduzione di tutte le cellule presenti nel nostro organismo e in quello del feto. I filati sono contenuti specialmente nei vegetali a foglia larga come spinaci, broccoli, carciofi, asparagi e lattuga, ma anche cereali integrali, legumi e tuorlo d’uovo.

Solitamente durante la gravidanza è consigliata un’integrazione di acido folico, specialmente nelle prime fasi della gestazione, che costituisce un ormai noto fattore di protezione nei confronti dei difetti del tubo neurale e in particolare della spina bifida.

Dieta in gravidanza, cosa evitare? 

In generale ci sono degli alimenti che andrebbero evitati o limitati drasticamente durante la gravidanza.
I cibi da evitare sicuramente in gravidanza sono gli alcolici e alcuni cibi crudi come carne, pesce e uova crude per il rischio di Toxoplasmosi. Lo stesso rischio che si ha consumando salumi crudi: vanno bene solo i prosciutti cotti o affumicati come quello di Praga.

È consigliato inoltre disinfettare sempre frutta e verdura prima di consumarla (specialmente se la consumiamo con la buccia).

Infine, in gravidanza sarebbe bene limitare i cibi che possono favorire l’acidità di stomaco, come la frutta molto acerba, gli agrumi, i pomodorini e le salse di pomodoro. Da evitare anche i fritti e tutti i condimenti ricchi di grassi saturi.

I benefici dei probiotici durante la gravidanza

Nella vita di tutti i giorni è importante assumere regolarmente i probiotici (leggi qui il nostro articolo su questo argomento), ancor più in gravidanza, per contribuire al buono stato di salute del microbiota intestinale, contrastando eventuali stati di disbiosi che possono provocare svariati disturbi come stipsi, diarrea, meteorismo e gonfiori addominali con ripercussioni sul sistema immunitario.

Tra gli alimenti naturalmente più ricchi di probiotici troviamo senza dubbio il kefir. Se berlo freddo dà fastidio, consiglio di tirarlo fuori dal frigo la sera, per consumarlo il mattino dopo a temperatura ambiente.

In generale un’integrazione ciclica di probiotici, può aiutare anche a migliorare la regolarità intestinale.
Durante la gravidanza è frequente che le donne soffrano di stipsi, flatulenza e nausea.

Il progesterone è un ormone che contribuisce a rallentare la contrazioni dei muscoli lisci e quindi anche della muscolatura intestinale. Durante la gravidanza il rilascio di questo ormone aumenta gradualmente, causando stipsi. Flatulenza e nausea possono essere legate invece all’aumento del livello di estrogeni.

Inoltre, con l’avanzare della gravidanza il feto crescendo, esercita una pressione maggiore su stomaco, vescica e intestino, rallentando le funzioni digestive e provocando un aumento di gas e gonfiori addominali. I probiotici quindi sono fondamentali per favorire il transito intestinale, mantenendo l’intestino pulito.

Probiotici e prebiotici vanno ad arricchire la flora batterica intestinale della futura mamma e di quella del bambino.

Per favorire un buon transito intestinale ricordiamo anche l’importanza delle fibre, sostanze prebiotiche presenti in frutta, verdura, legumi e cereali integrali.

Intestino sano per la mamma, salute guadagnata per il neonato

Durante il parto ha luogo la prima colonizzazione dell’intestino del neonato. I bambini nati con parto naturale infatti hanno un microbiota più ricco rispetti a quelli nati con parto cesareo.

Se durante la gravidanza e l’allattamento il microbiota della mamma è ricco e in equilibrio, tanto lo sarà anche quello del neonato:

  • migliore è il microbiota, minore sarà il rischio di coliche dovute ad eccesso di gas intestinali
  • l’assunzione di probiotici durante gravidanza e allattamento può prevenire lo sviluppo di forme allergiche nel nascituro (eczemi, riniti, asma e intolleranze alimentari)

Una dieta varia ed equilibrata è importante in ogni momento della vita, ma lo diventa ancora di più in gravidanza. Questo periodo infatti più diventare un’occasione di cambiamento per migliorare, nel caso ce ne fosse bisogno, l’alimentazione non solo della donna ma di tutti gli altri membri della famiglia.

Dott.ssa Giulia Temponi
Biologo nutrizionista

Riferimenti: Alimentazione in gravidanza
Redattore: Dott.ssa Giulia Temponi



La dieta genetica per mangiare bene e prevenire l’insorgenza di infiammazione.

Il nostro DNA ci può dare tantissime informazioni preziose. Conoscere queste informazioni è uno strumento di analisi e prevenzione davvero unico.

Con il test genetico GENE & DIET® analizziamo con un metodo non invasivo (è un test su saliva che si può fare comodamente da casa) alcuni geni legati al metabolismo. Il Dott. Alessio Tosatto, biologo nutrizionista in Imbio, ci spiega in modo molto semplice la relazione che ha il nostro DNA con l’alimentazione e come possiamo utilizzare queste informazioni per migliorare il nostro stato di forma, prevenire l’insorgenza di infiammazione e di malattie cardiovascolari. 

Il nostro DNA influenza la risposta agli alimenti che mangiamo?

Vi è mai capitato di domandarvi perché alcune persone hanno una determinata corporatura? La risposta può essere scritta nel nostro DNA e nello stile di vita che adottiamo.

Ad esempio nelle donne la rinomata conformazione “a pera”, quindi di tipo ginoide, piuttosto che la capacità di alcuni individui di metabolizzare grassi e zuccheri con estrema facilità o ancora quella di altri ad “ingrassare” velocemente e solo in determinate zone è causata dalla risposta genetica ai diversi fattori ambientali.

Il fenotipo, ovvero l’insieme di caratteristiche visibili di un individuo, è il risultato dell’interazione tra i nostri geni e i fattori esterni. Questo significa che il nostro patrimonio genetico, ovvero il genotipo, determina solo in parte quello che siamo e i fattori ambientali possono avere una maggiore o minore influenza a seconda dei casi. Genotipi uguali possono, se sottoposti all’azione di ambienti differenti, produrre diversi fenotipi o viceversa.

Tra i fattori esterni rientrano sicuramente l’alimentazione e lo stile di vita (esposizione al fumo, sedentarietà, etc.) oltre all’ambiente dove viviamo (fattori di inquinamento e igiene).
Alimentazione e stile di vita vanno ad incidere sugli ormoni, che vanno a determinare oltre alla genetica quella che può essere una conformazione strutturale ed una determinata corporatura.

Oggi, mediante un semplice prelievo salivare, è possibile valutare la propria predisposizione a diverse problematiche e capire come l’alimentazione possa incidere su di esse, in una sola parola: fare prevenzione.

Il rischio genetico verso una determinata patologia non comporta il reale sviluppo della patologia stessa; quando però al rischio genetico si associa un “rischio ambientale” le probabilità aumentano fortemente. Nella situazione opposta, un forte rischio ambientale può essere compensato da un profilo genetico protettivo.

Le caratteristiche genetiche individuali (rischio genetico) sono quindi importanti nel determinare la sensibilità ad un rischio ambientale. La grande differenza tra fattori di rischio genetici e ambientali è che i primi sono immodificabili, mentre i secondi possono essere modulati in base a scelte personali che coinvolgono lo stile di vita e le abitudini alimentari.

Alimentazione e genetica si influenzano a vicenda

La nutrigenomica è la scienza che studia il rapporto tra il genoma e la dieta. La nutrigenetica studia il modo in cui ognuno di noi (con un DNA unico e sempre diverso) reagisce alle molecole presenti nei cibi. Esse rappresentano le frontiere delle scienze dell’alimentazione e sono due materie che si sono sviluppate molto nel corso dell’ultimo decennio.

Il cibo e i geni si parlano in continuazione e influenzano con il loro dialogo molti aspetti della salute e della società. 
Tutti gli alimenti che portiamo a tavola contengono molecole che possono influenzare in modo diretto o indiretto l’espressione dei geni con conseguenze importanti sulla nostra salute, sia in positivo che in negativo.
È possibile migliorare il proprio stato di forma e di benessere attraverso una dieta personalizzata sulla base dei nostri geni.
Negli ultimi anni è emerso chiaramente come gli alimenti non servano soltanto come “carburante” per i processi metabolici (non si parla solo di calorie e nutrienti), ma agiscano anche regolando direttamente l’informazione scritta nel nostro DNA. Ad esempio, se un gene riesce a modificare la propria capacità di produrre determinate proteine (enzimi), magari coinvolte nei meccanismi che regolano la digestione, cambierà la nostra capacità di digerire alcuni nutrienti.
Il cibo non influenza solo i geni coinvolti nei processi digestivi, ma anche quelli coinvolti nei processi infiammatori.
Per questo è importante fare attenzione alla nostra dieta e al nostro stile di vita. Conoscere la reazione dei nostri geni a determinati alimenti ci fornisce uno strumento unico di prevenzione su tutta la linea, anche nei confronti di malattie come cancro, Alzheimer o diabete.

Se è vero che il cibo influenza il DNA, è altrettanto vero il contrario: ovvero che il nostro patrimonio genetico può determinare diverse risposte di fronte allo stesso alimento. Un esempio conclamato è il celiaco, colui che non riesce a digerire il glutine.

A partire da questa considerazione, il consiglio nutrizionale che segue il test GENE & DIET®, ha come obiettivo una dieta personalizzata che tiene conto del patrimonio genetico dell’individuo e non solo dei valori “standard” come peso, altezza, genere ed età.

Lo studio dei geni per ottimizzare l’alimentazione 

È ormai noto che le abitudini di vita hanno un effetto determinante sul buon funzionamento dell’organismo e sul benessere dell’individuo. Tra le abitudini di vita, quelle che esercitano il maggiore effetto sono quelle alimentari.
Una corretta alimentazione, infatti, fornisce le sostanze che permettono all’organismo di crescere e di funzionare in modo ottimale. La conoscenza della propria costituzione genetica rappresenta uno strumento innovativo in grado di orientare la scelta dello stile di vita e dell’alimentazione più corretti.
È un approccio innovativo che permette di ottimizzare l’alimentazione ottenendo i massimi benefici e riducendo i fattori negativi.
Partendo dalle differenze genetiche si riesce a delineare un piano nutrizionale personalizzato allo scopo di migliorare il proprio stato di forma e di salute e di prevenire o ritardare l’insorgenza di patologie correlate all’alimentazione.

Come funziona il test GENE & DIET®

Mediante il test  GENE & DIET® è possibile analizzare un insieme di geni coinvolti nel metabolismo, fornendo informazioni utili per determinare lo stile di vita migliore per quell’organismo.

L’esame, in particolare, permette di rilevare predisposizione per:

  • celiachia (sensibilità al glutine)
  • diabete di tipo 2 (metabolismo degli zuccheri)
  • alterazione metabolismo dei lipidi (tendenza a produrre più o meno grasso)
  • sensibilità all’alcool
  • difetti a livello di circolazione sanguigna (rischio cardiovascolare)
  • capacità di produrre infiammazione e di infiammarsi
  • intolleranza genetica al lattosio
  • metabolismo della vitamina D e glutatione (potente antiossidante)
  • deficit epatico nella gestione di sostanze chimiche

Attraverso l’esito è possibile quindi conoscere i punti deboli e i punti di forza dell’organismo e impostare una nutrizione personalizzata e preventiva, al fine di modulare l’impatto della propria genetica sul proprio essere.

Mediante il risultato del test si riesce a capire quali sono i parametri da tenere ed eventualmente le possibili integrazioni consigliabili per tenere il tutto sotto controllo.

Il test genetico non è invasivo e può essere effettuato anche a casa: si acquista un kit per il prelievo della saliva e si spedisce il campione in laboratorio.

Guarda la testimonianza di Andrea, il campione delle Spartan Race

I benefici della dieta genetica 

Risulta evidente quanto lo stile di vita sia un’arma potentissima, la migliore, per tenere l’organismo in stato perenne di energia e ovviamente salute. Affidarsi ad un piano nutrizionale personalizzato, basato sulla nostra genetica, porta innegabili benefici.

Oltre ad aiutare a migliorare il proprio stato di forma fisica, la dieta su base genetica consente di:

  • mantenere sotto controllo i livelli di glicemia
  • ridurre gli attacchi di fame
  • aumentare il senso di sazietà
  • rallentare i processi infiammatori
  • prevenire patologie come diabete, osteoporosi, infarto ed ictus

L’alimentazione è la principale componente ambientale con cui il nostro organismo interagisce. Le modalità con cui gli alimenti interagiscono con il nostro organismo dipendono fortemente dalle nostre caratteristiche genetiche.
L’alimentazione in base alla genetica può infatti costituire il miglior strumento di prevenzione e mantenimento dello stato di salute ottimale.

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Nutrigenomica, Nutrigenetica, Alimentazione
Redattore: Dott. Alessio Tosatto


November 15, 2021 Uncategorized

Con la stagione fredda diminuisce la voglia di consumare verdure a crudo, una vellutata o un passato di verdure sono un ottimo metodo per consumarle

Un passato di verdure o una vellutata per riscaldare l’autunno e fare il pieno di vitamine e minerali? Dipende.
Se è vero che le verdure sono l’ingrediente principale di questi piatti, la cottura può privarle di alcune proprietà nutrizionali e alcuni abbinamenti possono renderle molto pesanti.

La Dott.ssa Giulia Temponi, biologo nutrizionista in IMBIO, ci spiega come preparare la vellutata perfetta e quali sono i benefici di questi piatti sani e completi sul nostro intestino.

Non sempre sono sane come sembrano, ma bastano pochi accorgimenti

Vellutate e passati di verdura non vanno demonizzati, anzi, se fatti bene possono rivelarsi un ottimo metodo per introdurre verdura nella propria dieta anche quando le temperature si abbassano. Quando fa freddo magari si ha meno voglia di consumare insalate o verdure crude.
La cottura degli ortaggi cambia un po’ i loro valori nutrizionali, ma questo non significa che perdano le loro proprietà benefiche.

Che differenza c’è tra la vellutata e il passato di verdure?

C’è una differenza importante tra vellutata e passato di verdure ed è la consistenza. Le vellutate hanno una consistenza un po’ più densa e cremosa dovuta all’utilizzo di addensanti (come burro, panna, farina, latte o tuorli d’uovo). Niente di tutto questo è invece presente nei passati di verdura, che possono essere composti anche da più verdure diverse e prevedono l’aggiunta di un semplice “filo d’olio” e di parmigiano.

Consiglio di mettere l’olio a crudo, così mantiene inalterate le sue proprietà antiossidanti.
Per le vellutate se proprio si deve utilizzare un addensante usate un po’ di ricotta o del formaggio caprino.

Il metodo di preparazione corretto dei passati di verdura prevede di cuocere le verdure e passarle nel frullatore o nel passa verdura senza aggiungere addensanti. Consumateli subito: più si attende più c’è il rischio che si disperdano vitamine e minerali.

Vellutate e passati di verdure come piatto unico

Con vellutate e passati di verdura si possono preparare anche ottimi piatti unici, che possono prendere il posto dell’insalatona estiva.

La regola generale quando creiamo un piatto unico è di aggiungere alle verdure una sola fonte proteica o una sola fonte glucidica e una fonte di grassi buoni (olio evo a crudo).

Tra le fonti proteiche possiamo trovare:

  • legumi (ceci, lenticchie, fagioli, piselli)
  • parmigiano (meglio se stagionato più di 24 mesi)
  • formaggio
  • pasta di legumi

Tra le fonti glucidiche:

  • tutti i cereali a chicco (orzo, farro, riso o quinoa, etc…)
  • pasta integrale a chicco
  • patate

Alcuni esempi di piatto unico completo?

La vellutata di zucca con patate: contrariamente a quanto si possa pensare è già completa così, perché entrambe sono molto zuccherine e sono fonte di fibre e carboidrati, basta aggiungere un filo d’olio evo a crudo ed è un ottimo piatto unico.

Provate un passato di spinaci, ceci e limone: il limone facilita l’assorbimento del ferro contenuto degli spinaci mentre i ceci apportano proteine di origine vegetale e carboidrati o ancora una crema di asparagi o zucchine abbinata cereali integrali e semi oleosi o fesa di tacchino ed olio extravergine di oliva.

Gli effetti benefici di passati e vellutate

Vellutate e passati di verdura sono un pasto caldo e veloce dai molteplici benefici.

Innanzi tutto è bene ricordare che vellutate e passati di verdura sono un’ottima fonte di idratazione nei mesi invernali, quando sentiamo meno lo stimolo della sete e tendiamo a bere meno acqua.
Rispetto al nostro intestino, la notevole quantità di fibre favorisce ad esempio, il buon funzionamento intestinale.

Se hai difficoltà a digerire la verdura perché tendi a masticare poco e in fretta, consumarla già frullata può aiutare la digestione. Tuttavia, più verdure ci sono, più è probabile che si verifichino situazioni di gonfiore addominale (un po’ come avviene con la macedonia) quindi se tendi a soffrire di pancia gonfia dopo i pasti è consigliabile non mescolare troppi ortaggi diversi.

Se invece soffri di reflusso gastroesofageo andrebbero evitate, perché la dieta in questi casi dovrebbe essere prevalentemente solida.

Un abbinamento insolito che tendo a consigliare per favorire l’equilibrio intestinale è quello a base di crema di zucchine e kefir: si fanno cuocere le zucchine, si frullano e si lasciano raffreddare fino a quando non diventano tiepide, a questo punto si aggiunge il kefir, una bevanda fermentata derivata dal latte fresco, ricca di probiotici benefici per l’intestino. Meglio non far bollire tutto, per evitare di perdere i probiotici, aggiungete un filo d’olio evo a crudo per completare il piatto.

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Dott.ssa Giulia Temponi
Biologo nutrizionista

Riferimenti: Zuppe, Passato di verdura, Intestino
Redattore: Dott.ssa Giulia Temponi


Tampone rapido per Covid-19 con esito immediato per Green Pass

Il tampone rapido (test Antigenico rapido) è un metodo di screening per verificare la presenza delle proteine virali del virus SARS-CoV-2 nel muco nasale o nella parte profonda della bocca (faringe) e rivela in pochi minuti se è in corso l’infezione da Covid-19 al momento dell’esame.

L’esito del test è immediato, richiede solo pochi minuti. In caso di esito negativo, è possibile ottenere su specifica richiesta il GREEN PASS tramite il sistema di rilascio nazionale.

Da oggi è possibile prenotare il test presso il nostro centro medico di Milano, senza la prescrizione del medico.
Puoi prenotare il tampone rapido in modo semplice e sicuro:

Una volta fissato l’appuntamento, dovrai recarti presso il nostro centro medico di Milano, sottoporti alle operazioni di triage (compilazione di un modulo e misurazione della temperatura corporea) ed eseguire il test.

Il costo del test Antigenico rapido per Green Pass è di 14€ (adulti) oppure 8€ (minori di 18 anni).

Dove posso effettuare il tampone rapido?

L’analisi può essere eseguita (preferibilmente su prenotazione) presso il nostro centro medico di Milano:

IMBIO Istituto di Medicina Biologica
Via G. Gallina, 10 – 20129 Milano
Tel. 02.58300445
Whatsapp 366 352 9609
info@imbio.it

lun-ven 9:30 alle 19:00

Clicca qui per prenotare il tampone rapido

Come si ottiene il Green Pass?

Come struttura privata, il nostro centro non è autorizzato al rilascio diretto del green pass, ma solo alla comunicazione dell’esito del test all’ATS di competenza. Tuttavia è possibile richiedere il Green Pass a seguito di un risultato negativo del tampone.

La nostra struttura si occuperà di attivare la procedura per ricevere la certificazione verde comunicando l’esito del tampone all’ATS di riferimento. Al termine di questa operazione il paziente riceve direttamente un SMS o una email per poterlo scaricare.

Come faccio a scaricare il Green Pass?

Il Green Pass è emesso in formato digitale e stampabile.
Si può scaricare gratuitamente dalle seguenti piattaforme digitali:

Nel caso in cui non si disponesse di strumenti digitali è sempre possibile recuperare la propria Certificazione verde rivolgendosi al proprio medico o in farmacia.

Quanto dura il Green Pass?

In caso di tampone negativo la Certificazione verde COVID-19 viene generata in poche ore con una validità di:

  • 48h in caso di test antigenico rapido
  • 72h in caso di test molecolare

Prenota qui il tuo tampone a Milano

 

Riferimenti:  Tampone Rapido, Green Pass, Covid-19
Redattore: Imbio


L’uovo: un alimento nobile, fonte preziosa di nutrienti

Le uova sono al primo posto degli alimenti ad alto valore biologico: ricchissime di proteine e in particolare di amminoacidi essenziali, ovvero quelli che il corpo non produce e che vengono impiegati dal nostro organismo per la costruzione e il mantenimento delle strutture cellulari.

Il Dott. Alessio Tosatto, biologo nutrizionista in Imbio, ci svela il tabù delle uova, un alimento tanto temuto e  criminalizzato, quanto ricco di proprietà benefiche e proteine utili al nostro organismo.

Le uova sono ricche di colesterolo? Sì, ma quello buono. 

L’uovo è un alimento che definisco povero ma ricco.

È bene subito dire che l’uovo apporta sì colesterolo, ma le lecitine contenute nel tuorlo favoriscono l’attività delle HDL cioè del colesterolo “buono”.

Bisogna anche considerare che il colesterolo che si misura nel sangue non è direttamente correlato a quello che si trova negli alimenti come le uova, ma viene formato dal fegato anche a partire da zuccheri e cereali raffinati.

Più in generale è importante ricordare che il 70-80 % del colesterolo è endogeno, ovvero prodotto dall’organismo, un suo eccesso spesso è quindi per cause genetiche.

Il colesterolo è una sostanza particolare, se si introduce correttamente con la dieta, l’organismo si adatta a produrne di meno. Inoltre, un singolo uovo in media contiene circa 2 grammi di grassi, una quantità di certo limitata rispetto ad altre fonti di proteine animali.

Cosa contengono le uova?

L’uovo contiene anche ferro, fosforo e calcio in buone quantità, oltre che la vitamina K, utile per rafforzare le ossa. Le vitamine del gruppo B, tra cui soprattutto la vitamina B12 che è molto importante nel metabolismo di carboidrati, grassi e proteine.

Nelle uova troviamo anche la vitamina D che svolge numerose azioni nell’organismo, infatti metabolismo, sistema immunitario, pelle traggono beneficio da un corretto livello di vitamina D.

La colina (vitamina J) presente nel tuorlo favorisce la pulizia del fegato, oltre che migliorare le prestazioni del sistema nervoso.

Le uova sono ricche di luteina e zeaxantina che svolgono un’azione efficace nell’impedire malattie come la degenerazione maculare (un problema della retina) associata a condizioni particolari o all’invecchiamento.

Sono quindi da sfatare tutti i miti negativi riguardo l’uovo.

Quante proteine ci sono nelle uova?

In 100 grammi di uovo sodo ci sono 13 grammi di proteine. L’albume d’uovo crudo ne ha 11 grammi, il tuorlo 16, sempre su 100 grammi. Un uovo in media pesa 60-80 grammi, dipende dalle dimensioni. Se si segue una nutrizione corretta sicuramente fino ad 1 uovo al giorno non crea alcun problema nella maggior parte delle persone.

Il metodo di cottura perfetto per le uova

Sono molto importanti i metodi di cottura. Occorre infatti tenere presente che l’albume va cotto bene per disattivare una proteina detta avidina che riduce l’assorbimento di alcune vitamine. Il tuorlo invece va cotto poco perché ricco di acidi grassi sensibili alla temperatura.

Come scegliere le uova? 

Nel caso delle uova è importante scegliere quelle da galline allevate a terra in modo naturale (uova biologiche) e magari arricchite di omega 3.

Le uova sono importanti e dovrebbero far parte, senza esagerare, di una dieta equilibrata. Hanno il pregio di costare poco, essere nutrienti e facili da cucinare, offrendo diverse alternative.

Una domanda che mi fanno spesso è “quante uova posso consumare in una settimana?”
La risposta è che dipende dalla persona e dalle esigenze, ma in un contesto di normalità e alimentazione equilibrata, si possono consumare tranquillamente fino a 7-8 uova a settimana.

L’uovo è sconsigliato solo per chi ha calcoli a livello di cistifellea perché contiene la colina, una sostanza che stimola la depurazione delle vie biliari, quindi in presenza di calcoli può dare problematiche.

L’uovo è un alimento altamente nutriente adatto a tutte le età

Adatto a tutte le età e per tutti i pasti: le uova possono essere un’ottima colazione energizzante, così come una fonte proteica del pranzo, magari in un’insalatona, oppure a cena come pietanza principale con degli ortaggi.

Aiutano a rinforzare la massa magra e le ossa, permettendo non solo una miglior definizione strutturale, ma anche e soprattutto svolgendo un’attività preventiva rispetto ai mali dell’invecchiamento, che colpiscono la fase motoria. Inoltre è ormai risaputo che le uova danno ampio senso di sazietà, consentendo di perdere peso.

Se non ci sono problematiche di intolleranze, allergie o calcolosi si possono consumare uova in quantità e frequenza superiori a quelle che vengono di norma suggerite, beneficiando quindi di un tesoro nascosto.

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Uova, Dieta, Alimentazione
Redattore: Dott. Alessio Tosatto

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