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May 12, 2015 Newsletter

L’8-9 maggio si è tenuto a Torino il congresso “Nutrisport” brillantemente organizzato dalla Dott.ssa Maria Teresa Caselli e dal Dott. Valter Canavero.
Ho partecipato in qualità di relatore con il gruppo IMBIO-IMGEP di Milano diretto dal Prof. Giuseppe di Fede, maestro e amico, e animato dall’instancabile lavoro della Dott.ssa Paola Carassai.
Il titolo della mia relazione è stato: “Infiammazione intestinale e Performance sportiva”, un legame regolarmente trascurato, così com’è normalmente non investigata la disbiosi intestinale di cui è figlia.
Il concetto stesso di disbiosi è legato al Microbiota intestinale, cioè la popolazione batterica che colonizza il nostro intestino per tutta la durata della nostra vita e che, come evidenziano gli studi più recenti in modo inequivocabile, risulta essere determinante nello spostare il rapporto tra salute e malattia a favore di uno o l’altro dei fattori.
Alterare, infatti, la su composizione, mi riferisco ai rapporti presenti tra le 400 specie che affollano il nostro intestino, può causare disturbi che la medicina non classifica come patologie, così come sottolinea il padre della neurogastroenterologia Michael D.Gershon (“Il secondo cervello”, ed. UTET, 2006):

“Gli studi hanno mostrato che oltre il 40% dei pazienti che ricorrono alle cure di un internista lo fanno a causa di problemi gastrointestinali. Metà di questi presenta disturbi FUNZIONALI. Il loro intestino funziona male, ma nessuno sa il perché. Non vi è alcun difetto anatomico o chimico evidente. I medici si irritano. I pazienti che si presentano ai medici con problemi senza soluzione sono percepiti come una minaccia e spesso sono dimessi come affetti da squilibrio mentale, con l’epiteto di rottami bisbigliato alle loro spalle. Sono considerati esempi di protoplasma scadente i cui processi di pensiero nevrotico si riflettono sul loro intestino.
Così il loro intestino si mette a fare i capricci in modo tale da sfidare il meglio che la medicina moderna ha da offrire, che in questo caso è l’ignoranza combinata alla mancanza di compassione”.

Inoltre:

“Oggi, l’alterazione funzionale dell’intestino è un complesso di sintomi che non ha un collegamento con la patologia”.

Il primo ad interessarsi della disbiosi intestinale è stato lo scienziato russo Elie Metchinkoff il quale spese tutta la sua vita nel proposito di assicurare una maggiore longevità al genere umano e, grazie ai suoi studi compiuti presso l’Istituto Pateur, di liberarlo dalle malattie. Il culmine della sua carriera, così totalmente dedicata alla ricerca, venne raggiunto nel 1908 quando fu insignito del premio Nobel per la medicina.
Nel suo testo più conosciuto (“The prolongation of life;optimistic studies”) Metchnikoff ricorda come la cura degli anziani, ancora di più il lavoro preventivo su di essi, rappresenti una conquista dal momento che alla sua epoca si trattava di una visione totalmente nuova.
Lo studio del microbiota e la valutazione della disbiosi intestinale si muovono nel solco tracciato da questo grande scienziato, in cui la medicina non si limita ad attendere supinamente lo svilupparsi della patologia, piuttosto si muove in anticipo captando i segnali di alterazione funzionale del sistema biologico per porre rimedio prima che essi si trasformino in malattia.



May 3, 2015 Newsletter

La Spirulina (Arthrospira platensis) è una microalga azzurra unicellulare dalla forma stretta ed allungata. È diffusa nelle acque delle zone tropicali e subtropicali, dove è presente un ph alcalino, stato idoneo della spirulina. Esteticamente questa alga è di colore verde scuro, poiché ricca di clorofilla, pigmento abbondante che supera in concentrazione sia la policianina che i carotenoidi (altri pigmenti presenti nella spirulina). Il nome “Spirulina” deriva invece dalla forma di quest’alga che ricorda quella di una spirale.

La Spirulina abbonda di proteine (in particolare amminoacidi essenziali) e lipidi. Tra i grassi contenuti al suo interno, ci sono anche quelli “buoni”, appartenenti al gruppo degli omega3, importanti per normalizzare i livelli di colesterolo nel sangue e partecipare alla formazione delle guaine mieliniche che rivestono i nervi e migliorare la funzionalità del sistema nervoso ed immunitario.

Ricca di vitamina A, C, E, vitamine del gruppo B e Sali minerali (ferro, calcio, magnesio, selenio, potassio), la Spirulina ha notevoli proprietà antiossidanti: infatti è in grado di proteggere dai radicali liberi e dai danni che questi causano all’organismo (invecchiamento precoce e malattie neurodegenerative). Notevoli risvolti positivi anche sulla pelle: la vitamina A normalizza il funzionamento delle ghiandole sebacee, contrastando l’acne, le vitamine del gruppo B stimolano il metabolismo della pelle e la vitamina E ne conferisce morbidezza e tonicità. Inoltre le vitamine A ed E possono contribuire a regolarizzare il funzionamento delle ovaie e ridurre i dolori premestruali; per di più queste vitamine sono anche coinvolte nell’abbassare l’eccessiva viscosità e tendenza alla coagulazione del sangue.

La Spirulina è utile anche per gli sportivi e per chi deve mantenere il peso-forma: l’elevato contenuto di vitamine e minerali è fondamentale nel sostenere la produzione energetica durante lo sforzo fisico, diminuendo lo sviluppo di radicali liberi e quindi stress ossidativo. Questa abbondanza di nutrienti, in particolare proteine, sviluppa un effetto positivo sul controllo dell’appetito, accelerando la comparsa del senso di sazietà; secondo alcuni studi il consumo regolare di spirulina sarebbe efficace nel diminuire il fabbisogno di insulina, evitando picchi della glicemia e prevenendo dunque il diabete mellito.

La Spriulina in polvere si può unire a succhi di frutta, yogurt, centrifugati di verdure,ma  può essere utilizzata anche nella preparazione di dolci e impasti salati o per la preparazione di bevande energetiche per gli sportivi. Si preparano anche gnocchi e tagliatelle.



March 26, 2015 Newsletter

C’è chi lo fa per necessità e chi, invece, lo fa per ragioni etiche; sempre più persone, oggi, sostituiscono il latte di origine animale, con uno di derivazione vegetale. Gli intolleranti al lattosio, i vegetariani estremi o vegani e chi ha il colesterolo alto, può scegliere tra diverse tipologie di latte ricavate da alimenti vegetali.

La soia, come in molti sapranno, è un legume originario della Cina, dove fu coltivata per la prima volta più di 5 mila anni fa. I frutti, simili ai fagioli, sono gialli e lunghi dai 3 agli 8 cm. Arrivò in Europa alla fine del 1800, inizialmente, solo per essere studiata ma, più tardi, fu anche coltivata. Non solo in Europa, le coltivazioni di soia ben presto, si estesero in tutto il mondo.

Il latte di soia si ottiene tramite un processo di macerazione, della durata di circa una notte, della soia intera oppure della sua farina. Poi, la soia è macinata e, a essa, è aggiunta l’acqua necessaria ad ottenere la consistenza desiderata. La purea ottenuta è portata a ebollizione. Infine, il tutto è filtrato per eliminare i residui. La preparazione è piuttosto semplice, infatti, il latte di soia può essere tranquillamente fatto in casa. In commercio, invece, lo troverete con la dicitura “bevanda di soia”, come vuole la legislazione europea.

I benefici più importanti del latte di soia sono principalmente due: non contengono lattosio e colesterolo.

Circa il 75% della popolazione mondiale, è intollerante al lattosio. Una buona fetta di popolazione mondiale, quindi, può trovare quasi tutti i benefici del latte vaccino in un latte di origine vegetale senza il rischio di avere reazioni allergiche. Tuttavia, è meglio fare attenzione, perché anche la soia può causare allergie (anche se in una percentuale esigua).

Come molti altri alimenti di origine vegetale, il latte di soia è privo di colesterolo. Non male come caratteristica per un alimento, soprattutto se pensiamo che una tazza di latte di mucca contiene, invece, 20 milligrammi di colesterolo, quasi il 7% della quantità raccomandata per un maschio adulto. Questa importantissima caratteristica, rende il latte di soia un alimento molto consigliato per chi ha il colesterolo alto o per chi ha sofferto o soffre di problemi cardiaci.

Invece, le proteine contenute nel latte di soia sono sostanzialmente le stesse del latte di mucca. Sono però, più digeribili e hanno un elevato tenore di lisina, un amminoacido essenziale per il corpo umano che va assunto esclusivamente attraverso l’alimentazione.

Questi i benefici fino ad oggi provati dalla scienza, si stanno facendo, però, altri studi per verificare l’ipotesi che la soia aiuti a prevenire nella donna il tumore al seno e nell’uomo il tumore alla prostata. Ci sarebbero, poi, ulteriori benefici per le donne in menopausa. Gli isoflavoni di soia, che agiscono in modo simile agli estrogeni, potrebbero, infatti, aiutare contro le vampate di calore e prevenire l’osteoporosi. Ma è tutto, ancora, da verificare!

Agli intolleranti al nichel questo latte non è consigliato d’uso giornaliero.



March 24, 2015 Newsletter

Se cercate un degno sostituto al latte vaccino che non contenga né lattosio glutine, vi consiglio di provare il latte di miglio, un’ottima soluzione per garantire al vostro organismo un apporto di proprietà nutritive paragonabili a quelle del latte vaccino senza, però, incorrere nel rischio di reazioni allergiche. Non solo, consumatelo con serenità anche se avete problemi di colesterolo e di diabete.

Un vantaggio comune a tutto il latte di origine vegetale è l’assenza di colesterolo, e il latte di miglio non è da meno. Un ottimo alleato, quindi, per chi lotta contro il colesterolo alto, grazie anche alla grande quantità di lecitina e di colina contenuto.

Proprietà, invece, unica, che condivide solo con il latte di avena, è la capacità di controllare il diabete. Secondo alcuni studi il latte di miglio contiene un particolare enzima in grado di aiutare il nostro corpo a eliminare i grassi. È, infatti, risaputo che legumi e cereali, essendo carboidrati complessi, hanno un ruolo importante nella cura e nella prevenzione del diabete.

Dunque, il latte di miglio è indicato per le persone che soffrono di celiachia, intolleranza al lattosio, diabete e colesterolo alto e non è consigliato a chi ha problemi con l’intolleranza al nichel.

Dovrebbero però tenerlo in considerazione e aggiungerlo o sostituirlo, anche per brevi periodi, anche chi non soffre di nessun di questi disturbi. Il latte di miglio ha, infatti, diverse qualità nutrizionali. Ad esempio, è ricco di vitamine del gruppo B, soprattutto la B6, ed anche sali minerali come zinco, magnesio, potassio, calcio e ferro.

Il miglio è un cereale alcalinizzante. Ciò significa che consumandolo, anche sottoforma di latte, assorbiamo le tossine acide che si accumulano con una dieta sbilanciata, troppo ricca di alimenti acidificanti, come uova, carne, alimenti raffinati o fermentati. Il consumo di latte di miglio, insomma, aiuterebbe il nostro organismo a ristabilire il livello ottimale di PH.

Questa sua caratteristica andrebbe a beneficio del buon funzionamento di milza, stomaco e pancreas e, sicuramente, aiuterebbe tutti quelli che soffrono di acidosi. Inoltre, è facilmente digeribile e non irrita l’intestino, può essere, dunque, ben tollerato anche per chi soffre di colite o ulcere; per i quali l’assunzione di latte di mucca, certo, non giova.

Il latte di miglio non è molto diffuso, lo troverete sicuramente nelle farmacie e nei negozi specializzati. Il suo sapore naturalmente dolce lo rende perfetto per essere consumato a colazione, magari col caffè, oppure per la preparazione di deliziosi dolci senza glutine.

 



February 25, 2015 Newsletter
Riportiamo e commentiamo l’intervista fatta al Dr. Alberto Mantovani, direttore di reparto dip. sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare (Spvsa) – tossicologia alimentare e veterinaria, Istituto superiore di sanità.
Che cosa sono gli interferenti endocrini (Ie) e quali i loro meccanismi d’azione?

Sono un gruppo eterogeneo di sostanze in grado di alterare il funzionamento del sistema endocrino con meccanismi diversi (recettoriali, metabolici ecc.). I principali bersagli dei loro effetti sono l’omeostasi degli steroidi sessuali e della tiroide, dunque la salute riproduttiva e lo sviluppo.

Quali sono i principali Ie e quali sono le fonti di assunzione per l’uomo?
Molte sostanze di origine antropica sono Ie: composti alogenati che si bioaccumulano e interferiscono con gli steroidi sessuali, come le diossine, che hanno un effetto antiestrogeno e i policlorobifenili (PCB). Poi ancora diversi pesticidi e biocidi (per esempio etilene-bisditiocarbammati) e composti industriali (come ritardanti di fiamma polibromurati) che hanno un’azione tireostatica.
Sono Ie anche alcune sostanze naturali: lo zearalenone, una micotossina contaminante dei cereali, ha un’azione estrogenica simile. Lascia ancora dei dubbi l’esposizione a dosi elevate di fitoestrogeni come isoflavoni e lignani, durante la gravidanza o la prima infanzia: sono infatti deboli agonisti del recettore estrogeno beta e sono presenti anche nella soia, ingrediente base di integratori e latti artificiali.
Una delle fonti di esposizione per l’uomo sono le matrici alimentari, soprattutto se ricche di grassi (per es., certi tipi di pesci), dove i vari Interferenti Endocrini (IE) si possono accumulare.

Quali sono le categorie più a rischio e quali sono le patologie associate?
La gravidanza e l’infanzia sono le fasi più a rischio, anche se spesso gli effetti si manifestano a lungo termine, e possono variare con il sesso e l’età in cui è avvenuta l’esposizione. Il WHO segnala che l’esposizione può aumentare il rischio di patologie riproduttive, disturbi comportamentali nell’infanzia, fino a diabete e alcuni tipi di cancro (testicolo, mammella).

Va poi considerato che dosi molto basse di diversi IE con la stessa azione, possono sommare i loro effetti fino ad indurre un effetto tossico significativo.

Quali sono i comportamenti corretti per ridurre il rischio?
Secondo il Decalogo per i cittadini sugli IE pubblicato dall’ISS e dal Ministero Ambiente è opportuno minimizzare l’esposizione alle fonti: usare contenitori in plastica o stoviglie integri, secondo le modalità previste dal produttore; limitare il consumo di alimenti che possono accumulare IE e il contatto dei cibi con carta oleata o pellicole. Inoltre bisogna fare attenzioni ai metodi di cottura (eliminare parti carbonizzate che contengono idrocarburi policiclici aromatici); limitare il consumo di cibi affumicati ed evitare il ristagno dei fumi in cucina e della polvere negli ambienti chiusi; per i bambini, variare la dieta e assicurare un apporto adeguato di vitamine e microelementi con effetto protettivo.

Aggiungiamo che un controllo sul qualità della composizione corporea, eseguendo un test sui capelli, mineralogramma, ci indicherà la percentuale di minerali presenti nei tessuti, la possibilità di riscontro di metallo pesanti potenzialmente tossici.

Un controllo sulla qualità della flora batterica dell’intestino, ci orienterà sul grado di Disbiosi intestinale, e sulla possibilità di correggere l’alimentazione.

Il test su possibili intolleranze alimentari ( ALCAT Test) segnalerà le possibili incompatibilità di alcuni alimenti indirizzando il nutrizionista specialista sul tipo di dieta da seguire per evitare infiammazioni e possibili malattie derivanti da contaminati alimentari. Il test ALCAT analizza anche intolleranze a sostanze chimiche presenti negli alimenti oltre che a conservanti e additivi alimentari.

Valutazione e integrazione sono alla base dei percorsi di prevenzione individuale e personalizzata.



February 23, 2015 Newsletter

Era il 2000 quando i primi risultati sul sequenziale di tutto il DNA umano fu concluso. Furono svelati i segreti di come siamo fatti, a quali malattie siamo predisposti è come possiamo curarci. Ma leggere la sequenza di basi del nostro materiale genetico racconta solo una parte di chi siamo e a cosa siamo predisposti ad avere nel tempo.

È allo stesso modo importante anche sapere come vengono espressi (come funzionano i geni).Oggi sappiamo qualcosa di più al riguardo grazie al Roadmap Epigenomics Project, i cui risultati sono stati pubblicati su riviste del gruppo Nature.

Gli studi in questione descrivono un fattore molto importante che influenza l’attività dei geni, l’epigenomica, ovvero mostrano come, in diversi tipi di cellule umane, il DNA viene letto, il modo cioè in cui una stessa informazione genetica (tutte le cellule di uno stesso organismo hanno lo stesso dna) è usata (espressa) in modo diverso da cellula a cellula.

Ma cos’è l’epigenetica? È come funziona? A cosa serve?

Per epigenetica si intende l’insieme dei fenomeni che stanno al di fuori e al di sopra del DNA e quindi dei geni, che in qualche modo hanno una influenza sull’espressione dell’attività dei geni. Il come è codificato da tutte le modifiche che non alterano la sequenza genetica stessa ma stanno, per così dire, sopra (da qui la parola epigenetica).

Sono modifiche epigenetiche per esempio la metilazione del DNA (l’aggiunta di gruppi metilici alle basi di citosina) o il trasferimento di un gruppo acetile sugli istoni (proteine che legano il dna).
Per rendere meglio l’idea, ogni cellula può esprimere il proprio dnai n modo diverso a seconda del proprio lavoro (se deve essere una cellula cardiaca sarà diversa da un neurone), proprio come una stessa orchestra può suonare un pezzo in molti modi diversi.

I numerosi risultati pubblicati su Nature raccontano quindi di queste diverse sinfonie, suonate dalle cellule, scoperte analizzando campioni di tessuto embrionali (in fase di sviluppo e differenziazione) e adulto. Si scopre così, per esempio, che la trasformazione da staminali a cellule neuronali è orchestrata da specifici processi di metilazione, e più in generale la differenziazione delle cellule staminali è influenzata dalle modificazioni della cromatina (l’insieme del dna e delle proteine attaccate a esso), che influenza a sua volta il pattern di espressione genica.

Ma l’analisi epigenomica condotta dal gruppo di ricercatori, ha anche mostrato che l’epigenoma di una cellula cancerosa si porta dietro le impronte del tipo cellulare da cui ha avuto origine. O ancora: alterazioni epigenomiche nelle cellule del giro cingolato (un gruppo di cellule nervose che formano una regione specifica del cervello) potrebbero avere un ruolo nella sindrome da deficit di attenzione e iperattività.

Lo studio dell’epigenomica quindi potrebbe aprire le porte alla comprensione dell’origine delle malattie, e al tempo stesso alla comprensione di come gli stili di vita influenzino il nostro genoma.Le modifiche epigenetiche infatti sono in parte ereditarie, come i geni stessi, in parte dipendono dalle condizioni ambientali, quali la dieta delle mamme durante la gravidanza.

Concludendo, da queste osservazioni e conferme da parte dei ricercatori, possiamo affermare che siamo di fronte ad un punto di svolta per quanto riguarda la nutrizione e come questa sia in grado di influenzare l’attività dei geni, che a Loro volta si metteranno al lavoro, influenzando la salute o la possibile Malattia.

La nutrigenomica, da anni è al sevizio della medicina il cui scopo è quello di attivare programmi nutrizionali personalizzati che possono influenzare la salute e preventive le malattie.



January 20, 2015 Newsletter

La comune FARINA 00 che si trova nei supermercati si ottiene attraverso la macinazione industriale del chicco di grano. Tale processo prevede l’eliminazione del germe di grano e della crusca, per consentire una maggiore conservazione del prodotto a discapito di importanti sostanze

nutritive come aminoacidi, acidi grassi, sali minerali e vitamine, che vengono persi durante il procedimento. Il prodotto che si ottiene è quindi ricco quasi esclusivamente di AMIDI, polisaccaridi responsabili dell’innalzamento repentino della quantità di zucchero nel sangue (picco glicemico), il quale richiama l’intervento di un ormone, l’INSULINA.

Tale ormone ha capacità anabolizzanti ed è quindi in grado di AUMENTARE LA QUANTITÀ DI DEPOSITI ADIPOSI ALL’INTERNO DELL’ORGANISMO e INNESCARE FENOMENI DI RESISTENZA INSULINICA

che, se esasperati, possono portare all’insorgenza del DIABETE DI TIPO II.

Discorso analogo può essere fatto per la FARINA DI RISO: pur essendo

priva di glutine, è tuttavia ricchissima di amidi e povera di proteine e quindi responsabile di un repentino innalzamento della quantità di zuccheri nel sangue con conseguente RILASCIO DI INSULINA e dei problemi ad essa connessi. Fortunatamente, negli ultimi anni molte aziende hanno cominciato a produrre farine maggiormente ricche in fibre o provenienti da cereali diversi dal grano, dando inizio al filone delle cosiddette “FARINE ALTERNATIVE”. Tra queste abbiamo:

  1. FARINA INTEGRALE DI FRUMENTO: conserva integralmente la crusca ed è per questo molto più ricca di fibre, fattore che contribuisce ad abbassare il picco glicemico.
  2. FARINA DI MANITOBA: è una farina di grano tenero molto ricca in proteine e con pochi Contiene anche la glutenina e la gliadina che, a contatto con l’acqua, formano il glutine.
  3. FARINA DI FARRO INTEGRALE: è prodotta della macinazione del farro, il più antico tipo  di frumento E’ una farina molto ricca di vitamine (A, B2 e B3) e di sali minerali (fosforo, potassio e magnesio). E’ adatta per la realizzazione di dolci, pasta e pane.
  4. FARINA DI SEGALE: è ricca di proteine e sali minerali; ha proprietà fluidificanti del sangue, rafforza e mantiene elastiche le arterie prevenendo l’aterosclerosi e, grazie al basso picco glicemico, è ideale anche nelle diete per diabetici. E’ adatta per la preparazione di pane e di alcuni tipi di dolci.
  5. FARINA DI AVENA INTEGRALE: è una farina ricca di fibre e con un migliore potere saziante rispetto alla farina di Grazie alla presenza di vitamine, minerali e altre sostanze nutritive si rivela un ottimo alimento energizzante ed’è inoltre in grado di rallentare l’assimilazione del glucosio e di abbassare il livello di colesterolo cattivo (LDL).

Accanto alle farine alternative con basso INDICE GLICEMICO, abbiamo anche quelle consigliate per chi soffre di CELIACHIA o di SENSIBILITÀ AL GLUTINE perché prive di tale proteina. Tra queste abbiamo:

  • FARINA DI CECI: ricca di minerali (calcio, fosforo, ferro), di proteine e vitamine (C, B). Si ricava dalla macinazione dei ceci essiccati e ne conserva tutte le proprietà. Grazie alle saponine presenti, inoltre, tale farina è molto utile per diminuire i livelli di colesterolo e trigliceridi nel Molto versatile in cucina, può essere utilizzata per dolci, pasta, gnocchi e panature.
  • FARINA DI MAIS: viene soprattutto utilizzata per la preparazione della polenta e di dolci caratteristici, mentre non è adatta per la panificazione, a meno di mischiarla con altri tipi di farine.
  • FARINA DI CASTAGNE: nota anche con il nome di farina dolce, essa è costituita da castagne precedentemente essiccate e infine E’ ricca di carboidrati e sali minerali e povera di grassi. Ideale per le più svariate preparazioni sia dolci (castagnaccio, torte, biscotti, frittelle) che salate (pasta, gnocchi, crepes).
  • FARINA DI QUINOA: viene ottenuta a partire dalla macinazione dei chicchi di questo pseudocereale di origine Si tratta di una pianta erbacea della famiglia delle Chenopodiaceae (la stessa famiglia degli spinaci o della barbabietola); si differenzia inoltre dai cereali per via del suo contenuto di lisina e per una maggiore ricchezza di amminoacidi. E’ ricca di sali minerali come calcio, ferro e potassio.
  • FARINA DI GRANO SARACENO: viene ottenuta dalla macinazione di una pianta erbacea della famiglia delle Polygonaceae (è quindi in realtà uno pseudo-cereale). E’ una farina ricca di amminoacidi essenziali e con un alto valore biologico: le sue proteine sono infatti paragonabili a quelle della carne e della soia
  • FARINA DI MANDORLE: è una farina con un buon contenuto di acidi grassi insaturi, proteine, zuccheri, vitamine (E, B) e sali minerali. Molto sfruttata nella preparazione di dolci, la farina di mandorla ha un elevato potere calorico e grazie ad un enzima, l’emulsina,che facilita la digestione dei glucidi.
  • FARINA DI SOIA: ottenuta dalla macinazione dei semi di questo legume, la farina di soia contiene proteine ad alto valore biologico, sali minerali, vitamine e acidi grassi essenziali come omega 3 e omega 6. Può essere utilizzato dai vegani come sostitutivo delle proteine della carne e delle uova.
  • FARINA DI CANAPA: una delle ultime novità sul fronte delle farine alternative, si ottiene dalla pressatura dei semi di questa Possiede proteine ad alto valore biologico, come quelle della soia, acidi grassi essenziali omega 3 e omega 6 e fibre.


January 14, 2015 Newsletter

L’avena è uno dei cereali meno presenti nella nostra alimentazione di tipo mediterraneo ed è spesso sottovalutata rispetto al grano, riso ed orzo. Recentemente sta invece richiamando l’interesse della comunità scientifica e dei nutrizionisti,grazie ad una composizione in nutrienti non indifferente.

La sua composizione chimica porta numerosi effetti positivi sulla salute dell’uomo in particolare gioca un ruolo importante nella riduzione del rischio di incidenza di buona parte delle patologie degenerative.

Anche dal punto di vista agronomico tale cereale presenta interessanti caratteristiche, crescendo in regioni dalle temperature moderate, tollera terreni umidi e acidi a differenza di altri cereali.

La sua peculiare composizione in frazioni proteiche la rendono idonea a tutti coloro che sono soggetti ad avverse reazioni al glutine. Infatti spesso i nutrizionisti che si occupano di reazioni agli alimenti o intolleranze alimentari, la includono nel piano nutrizionale del paziente. Grazie alla cospicua presenza di antiossidanti, minerali, vitamine e agli avenantramidi composti fenolici azotati, l’avena si colloca su un piano privilegiato rispetto ad altri cereali utilizzati comunemente.

Recenti studi hanno posizionato l’avena sul podio quale cereale cardine per celiaci e sensibili al glutine. In Europa e in Italia lo scetticismo ancora persiste impedendone un più ampio consumo.

Un articolo recentemente pubblicato sul British Journal of Nutrition

(Br J Nutr. 2014 Oct;112 Suppl 2:S50-7. doi: 10.1017/S0007114514002736).

Oat agriculture, cultivation and breeding targets: implications for human nutrition and health (Stewart D., McDougall G.).

ha evidenziato come questa sia in grado di aumentare il senso di sazietà, la qualità della digestione, la salute cardiovascolare, migliorare il metabolismo e ridurre il rischio di sviluppare la sindrome metabolica e il diabete tipo 2.

Inoltre l’avena come la maggior parte dei cereali integrali e alcuni dei loro prodotti derivati contengono β-glucano, un polisaccaride complesso, in grado di ridurre i livelli di colesterolo nel sangue.  Per ottenere questi benefici effetti, è necessario un consumo regolare e in quantità superiore a 3 g / die.

Il consumo regolare di avena – ad esempio a colazione in fiocchi – ricopre il ruolo di efficace antinfiammatorio e pare inibisca la proliferazione delle cellule tumorali.

Grandi passi sono stati fatti negli ultimi anni in ambito nutrizionale. Sapere a quali cibi si è potenzialmente intolleranti e conoscere la personale predisposizione alla sensibilità al glutine e ai cereali correlati con il frumento, ci permette di anticipare eventuali fenomeni infiammatori intestinali legati all’intolleranza a tali principi nutritivi. Quindi è possibile sottoporsi al test per la Gluten Sensitivity, attraverso un prelievo di sangue venoso, dove un algoritmo elaborato dal medico specialista permette di stabilire il grado di intolleranza al glutine e ai suoi derivati.

L’avena è dunque un cereale estremamente ricco il cui consumo è da consigliarsi praticamente a tutti, in particolare ai vegani, che necessitano di un adeguato apporto di proteine ed aminoacidi essenziali. Gli unici ai quali è consigliato di prestare particolare attenzione al consumo di avena, sono quei soggetti in cui è presente l’allergia al nichel.

 



January 8, 2015 Newsletter

Continua l’avventura di Alcat Test e i suoi confini, ormai non più solo puramente geografici, si allargano. Infatti decisi a percorrere la strada già battuta dell’importante rapporto tra Sport e Salute, Imbio e i professionisti gravitanti nella sua orbita sbarcano a Varese per un nuovo appuntamento stavolta con il mondo del calcio.

Ad ospitarci l’associazione calcistica cittadina A.S. Varese 1910, come noi interessata al benessere in corpore e non solo, con i suoi componenti pronti a prendersi cura di se stessi grazie ad Alcat il Test per le intolleranze alimentari, problematiche responsabili di numerosi disturbi capaci di influenzare negativamente la performance sportiva. I sintomi di un’intolleranza alimentare sono diversi, a volte, non si rendono neppure manifesti, generando un accumulo di infiammazione. In molti sportivi problemi di natura muscolare, articolare, stanchezza cronica, difficoltà di recupero post gara sono solo alcuni dei sintomi riconducibili ad intolleranze.

Trattasi quindi di tema di assoluto interesse per l’atleta, per chi lavora con esso e se ne prende cura. Il protocollo d’intesa tra Alcat Test e il Varese Calcio si propone di mettere in evidenza l’importante ruolo svolto dall’alimentazione in ambito sportivo, da cui dipende lo sviluppo di stress ossidativo e di conseguenza dei radicali liberi incidenti sull’abbassamento delle difese immunitarie e sull’aumento della capacità d’infortunio, argomento alquanto spinoso per chi dello sport ne ha fatto un mestiere e non solo.

La soluzione a riguardo, è dettata dal Test Alcat e dalla conseguente applicazione di una dieta di rotazione, tendente a riportare l’infiammazione ad un livello di controllo. Chi pratica sport di squadra a livello professionistico tende ad avere un’alimentazione standard e non personalizzata, con menù per lo più ricchi di carne, pesce, pasta, verdure, zuccheri e se l’atleta fosse intollerante al glutine piuttosto che agli zuccheri? Motivo per cui sottoporsi ad Alcat Test è di rilevante importanza, salvaguardare la propria salute, alimentandosi correttamente e praticando sport…Sport e Salute connubio perfetto.

 



November 19, 2014 Newsletter

Sabato 15 novembre 2014, a Cassano allo Ionio (Cosenza), si è tenuto “La genetica e la nutrizione al servizio della prevenzione: applicazioni in clinica medica”, il seminario organizzato dalla farmacia Maiuri di Lauropoli in collaborazione con Imgep – Istituto di Medicina Genetica e Preventiva di Milano, accreditato ECM da Akesios Group srl.

Genetica e nutrizione come strumenti di prevenzione oggi sono realtà. La nutrigenomica, infatti, si occupa proprio di studiare le correlazioni tra alimenti e modifiche del DNA al fine di ridurre il rischio di malattia caratteristico di ciascun individuo.

I differenti aspetti della relazione tra dieta e salute, con particolare riferimento alle ultime ricerche in nutrizione, intolleranze alimentari e medicina preventiva, sono stati gli argomenti chiave trattati durante l’incontro, che ha destato molto interesse tra i medici partecipanti e tra gli ospiti che hanno fatto visita al convegno. Tra questi, anche il sindaco di Cassano allo Ionio Gianni Papasso e il Senatore Fabio Rizzi, Presidente della III Commissione Sanità e politiche sociali Regione Lombardia venuto a salutare l’equipe di medici che lavorano in Lombardia e che stanno investendo nella formazione medica della Regione Calabria.

Durante il primo intervento, Il Prof. Giuseppe Di Fede – Direttore Sanitario I.M.Bio Istituto di Medicina Biologica Milano e Istituto Medicina Genetica Preventiva I.M.Ge.P Milano ha parlato di “Genetica preventiva, applicazioni cliniche:

La medicina preventiva, negli ultimi anni, ha compiuto passi da gigante: recenti scoperte hanno evidenziato fattori genetici in grado di caratterizzare la percentuale di rischio relativa alle più comuni patologie. In questo contesto la nutrigenomica assume un ruolo determinante in medicina preventiva. La possibilità di calcolare l’aumento di suscettibilità genetica individuale come fattore di rischio offre una possibilità terapeutica al medico mettendolo in grado di ridurre, o addirittura azzerare, il fattore di rischio. La correlazione tra il profilo genetico, la diagnostica di laboratorio, l’anamesi e la clinica, consente di definire una strategia di medicina preventiva passando attraverso la nutrizione, ponendo particolare attenzione alla ricerca di nuove intollerrnze alimentari attraverso la metodica Alcat.”

Il Dr. Daniele Orlandoni – Consulente di Medicina anti-aging , naturopata, collaboratore Imbio e Imgep ha parlato, invece,  di “Cortisolo e resistenza insulinica nell’età menopausale”:

Lo stress è una componente fondamentale della nostra vita. Grazie agli studi di Selye giá negli anni 30, il legame tra carico stressorio e performance biologica ci consegna una visione dell’essere umano molto più complessa e densa di conseguenze tanto in termini di fisiologia che di biochimica. Imparare a gestire lo stress che dobbiamo affrontare ogni giorno significa essere in grado di gestire strategicamente le nostre risorse, intervenendo sia sui livelli di cortisolo (vero indicatore della nostra reattività adattativa) che sulle intolleranze alimentari misurate con metodica ALCAT, fonte alimentare di stress metabolic


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