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April 1, 2015 Newsletter

E’ meglio mangiare pasta o riso?? La pasta ha un contenuto calorico leggermente superiore, è più ricca di lipidi, proteine e fibre mentre è più povera di acqua e carboidrati. Il riso avendo un contenuto proteico inferiore alla pasta, ha un indice chimico superiore che lo rende sotto questo punto di vista equivalente, se non addirittura superiore alla pasta.

Stabilito che mangiare riso fa bene bisogna imparare a cuocerlo!

La cottura del riso è la base per ottenere un risotto eccezionale ed è una delle cose più difficili da fare in cucina. Ci sono tante piccole regole da imparare e qualche suggerimento da seguire per ottenere un piatto perfetto.

Ve ne do 5 di suggerimenti che spero possiate trovare utili:

  • sappiate che per cuocere bene il riso è necessario curarlo, mescolare e aggiungere l’acqua o il brodo al momento giusto e poco a poco. Tuttavia, per chi ha pochissimo tempo a disposizione, suggerisco di provare la pentola pressione. Onestamente la trovo molto comoda: poco tempo (circa 5 minuti) e senza sforzo (potete lasciare anche il riso a se stesso, ci penserà la pentola a cuocerlo). Una soluzione molto pericolosa, però, in termini di resa della cottura. Ci vogliono diversi tentativi per capire gli esatti tempi di cottura e di liquido da inserire in pentola. Insomma, è un metodo da utilizzare solo in caso di necessità e dopo averci preso la mano.
  • altro aspetto da considerare è la qualità del riso, dalla quale dipende non solo il gusto finale del vostro piatto ma anche i tempi di cottura. Controllare i tempi sulla confezione è d’obbligo. Dovete considerare, però, anche un altro aspetto: da quanto tempo avete il riso in dispensa. Se il riso è vecchio, può richiedere un po’ più tempo per cuocere perché una parte dell’umidità in esso contenuta è evaporata.
  • mantecate il riso con olio o formaggio a fuoco spento senza esagerare nel mescolare. Evitare di girare il riso ossessivamente è un suggerimento che vale anche durante la fase di cottura, più lo girate, più la consistenza finale apparirà collosa, perché girando il riso disperdete l’amido. Per questo è importante stare attenti che ci sia sempre abbastanza brodo, non distraetevi e aggiungetelo quando vedete che si sta asciugando, altrimenti il riso si brucerà. Questo è un altro punto a favore della cottura del riso con la pentola a pressione, dove per la natura stessa della pentola, non è possibile intervenire sul riso, che per forza resterà immobile durante tutta la cottura.
  • Per ottenere un risotto “professionale” non dovete tralasciare la tostatura del riso. Buttate il riso sopra il soffritto e fatelo tostare per massimo un minuto. Quando vedete che cambia colore, lo avete tostato alla perfezione e potete farlo sfumare e aggiungere il brodo per la cottura.
  • Infine, un suggerimento che non sempre è preso in considerazione ma che vi assicuro è in grado di modificare il sapore del risotto: lasciatelo riposare qualche minuto prima di servirlo.


March 26, 2015 Newsletter

Continua il cammino di Imbio sulla lunga strada dello sport, nuovo obiettivo da raggiungere, portare il Verbano Calcio in vetta alla classifica, grazie ad un protocollo nutrizionale personalizzato. A tal proposito abbiamo intervistato Pietro Barbarito, il Presidente della F.C. Verbano Calcio ASD che della personale passione per il calcio ne ha fatto un mestiere.

Come ha avuto inizio la sua esperienza con Imbio?

La mia esperienza con Imbio inizia da paziente, grazie a cari amici di famiglia che mi hanno consigliato di rivolgermi all’Istituto di Medicina Biologica per un controllo di routine. E’ qui che sono venuto in contatto con il Prof. Giuseppe Di Fede che con grande professionalità mi ha seguito in tutto il percorso, aiutandomi a raggiungere risultati positivi

Cosa l’ha spinta a chiedere che Imbio si occupasse anche della sua squadra?

Sono stato spinto dai positivi risultati ottenuti personalmente, per questo ho voluto che i ragazzi della squadra si sottoponessero al Test Alcat e venissero seguiti dallo staff di Imbio, nella persona della Dott.ssa Cecilia Pedroni, dal punto di vista nutrizionale. Durante questo percorso, per cui è stato creato un protocollo medico ad hoc, tutti i ragazzi della squadra si sono sottoposti al Test Alcat e sono venuti a conoscenza di essere intolleranti a parecchi alimenti, ma soprattutto di quanto queste intolleranze fossero la causa di tutta una sintomatologia gastrointestinale e non solo che gli impediva soprattutto di rendere come si deve in campo

La squadra ha ottenuto risultati riscontrabili?

Certo, da quando hanno iniziato a seguire un regime alimentare sano e corretto ma soprattutto personalizzato come lo è appunto la “Dieta di Rotazione” conseguente ad Alcat Test, i ragazzi stanno molto meglio non hanno più quei fastidiosi problemi fisici ma soprattutto in campo sono diventati delle schegge. Siamo secondi in classifica, è questo per noi è un grande traguardo che ci premia del grande impegno e della passione che io e la squadra tutta mettiamo ogni giorno quando scendiamo in campo, che si tratti di una partita importante o di un semplice e quotidiano allenamento

Si sentirebbe ad oggi di consigliare Alcat Test a chi non lo conosce?

Naturalmente, già consigliato alla mia famiglia e agli amici più cari. Perchè dopo la mia esperienza e le esaudienti informazioni fornite dallo staff Imbio, posso tranquillamente dire di quanto una sana e corretta alimentazione sia la risoluzione di molte patologie


March 26, 2015 Newsletter

C’è chi lo fa per necessità e chi, invece, lo fa per ragioni etiche; sempre più persone, oggi, sostituiscono il latte di origine animale, con uno di derivazione vegetale. Gli intolleranti al lattosio, i vegetariani estremi o vegani e chi ha il colesterolo alto, può scegliere tra diverse tipologie di latte ricavate da alimenti vegetali.

La soia, come in molti sapranno, è un legume originario della Cina, dove fu coltivata per la prima volta più di 5 mila anni fa. I frutti, simili ai fagioli, sono gialli e lunghi dai 3 agli 8 cm. Arrivò in Europa alla fine del 1800, inizialmente, solo per essere studiata ma, più tardi, fu anche coltivata. Non solo in Europa, le coltivazioni di soia ben presto, si estesero in tutto il mondo.

Il latte di soia si ottiene tramite un processo di macerazione, della durata di circa una notte, della soia intera oppure della sua farina. Poi, la soia è macinata e, a essa, è aggiunta l’acqua necessaria ad ottenere la consistenza desiderata. La purea ottenuta è portata a ebollizione. Infine, il tutto è filtrato per eliminare i residui. La preparazione è piuttosto semplice, infatti, il latte di soia può essere tranquillamente fatto in casa. In commercio, invece, lo troverete con la dicitura “bevanda di soia”, come vuole la legislazione europea.

I benefici più importanti del latte di soia sono principalmente due: non contengono lattosio e colesterolo.

Circa il 75% della popolazione mondiale, è intollerante al lattosio. Una buona fetta di popolazione mondiale, quindi, può trovare quasi tutti i benefici del latte vaccino in un latte di origine vegetale senza il rischio di avere reazioni allergiche. Tuttavia, è meglio fare attenzione, perché anche la soia può causare allergie (anche se in una percentuale esigua).

Come molti altri alimenti di origine vegetale, il latte di soia è privo di colesterolo. Non male come caratteristica per un alimento, soprattutto se pensiamo che una tazza di latte di mucca contiene, invece, 20 milligrammi di colesterolo, quasi il 7% della quantità raccomandata per un maschio adulto. Questa importantissima caratteristica, rende il latte di soia un alimento molto consigliato per chi ha il colesterolo alto o per chi ha sofferto o soffre di problemi cardiaci.

Invece, le proteine contenute nel latte di soia sono sostanzialmente le stesse del latte di mucca. Sono però, più digeribili e hanno un elevato tenore di lisina, un amminoacido essenziale per il corpo umano che va assunto esclusivamente attraverso l’alimentazione.

Questi i benefici fino ad oggi provati dalla scienza, si stanno facendo, però, altri studi per verificare l’ipotesi che la soia aiuti a prevenire nella donna il tumore al seno e nell’uomo il tumore alla prostata. Ci sarebbero, poi, ulteriori benefici per le donne in menopausa. Gli isoflavoni di soia, che agiscono in modo simile agli estrogeni, potrebbero, infatti, aiutare contro le vampate di calore e prevenire l’osteoporosi. Ma è tutto, ancora, da verificare!

Agli intolleranti al nichel questo latte non è consigliato d’uso giornaliero.



March 24, 2015 Newsletter

Se cercate un degno sostituto al latte vaccino che non contenga né lattosio glutine, vi consiglio di provare il latte di miglio, un’ottima soluzione per garantire al vostro organismo un apporto di proprietà nutritive paragonabili a quelle del latte vaccino senza, però, incorrere nel rischio di reazioni allergiche. Non solo, consumatelo con serenità anche se avete problemi di colesterolo e di diabete.

Un vantaggio comune a tutto il latte di origine vegetale è l’assenza di colesterolo, e il latte di miglio non è da meno. Un ottimo alleato, quindi, per chi lotta contro il colesterolo alto, grazie anche alla grande quantità di lecitina e di colina contenuto.

Proprietà, invece, unica, che condivide solo con il latte di avena, è la capacità di controllare il diabete. Secondo alcuni studi il latte di miglio contiene un particolare enzima in grado di aiutare il nostro corpo a eliminare i grassi. È, infatti, risaputo che legumi e cereali, essendo carboidrati complessi, hanno un ruolo importante nella cura e nella prevenzione del diabete.

Dunque, il latte di miglio è indicato per le persone che soffrono di celiachia, intolleranza al lattosio, diabete e colesterolo alto e non è consigliato a chi ha problemi con l’intolleranza al nichel.

Dovrebbero però tenerlo in considerazione e aggiungerlo o sostituirlo, anche per brevi periodi, anche chi non soffre di nessun di questi disturbi. Il latte di miglio ha, infatti, diverse qualità nutrizionali. Ad esempio, è ricco di vitamine del gruppo B, soprattutto la B6, ed anche sali minerali come zinco, magnesio, potassio, calcio e ferro.

Il miglio è un cereale alcalinizzante. Ciò significa che consumandolo, anche sottoforma di latte, assorbiamo le tossine acide che si accumulano con una dieta sbilanciata, troppo ricca di alimenti acidificanti, come uova, carne, alimenti raffinati o fermentati. Il consumo di latte di miglio, insomma, aiuterebbe il nostro organismo a ristabilire il livello ottimale di PH.

Questa sua caratteristica andrebbe a beneficio del buon funzionamento di milza, stomaco e pancreas e, sicuramente, aiuterebbe tutti quelli che soffrono di acidosi. Inoltre, è facilmente digeribile e non irrita l’intestino, può essere, dunque, ben tollerato anche per chi soffre di colite o ulcere; per i quali l’assunzione di latte di mucca, certo, non giova.

Il latte di miglio non è molto diffuso, lo troverete sicuramente nelle farmacie e nei negozi specializzati. Il suo sapore naturalmente dolce lo rende perfetto per essere consumato a colazione, magari col caffè, oppure per la preparazione di deliziosi dolci senza glutine.

 



March 3, 2015 Newsletter

Ancora una volta il microbiota intestinale ci sorprende. I composti prodotti dal metabolismo dei batteri intestinali sono fattori determinanti nel delicato equilibrio tra la flora e l’organismo ospite e, di conseguenza per la salute del tratto intestinale. Ma non è ancora del tutto chiaro se e come questa stretta relazione ospite – flora, possa influenzare processi infiammatori in altri tessuti periferici, ad esempio a livello delle vie respiratorie.

Una ricerca pubblicata qualche giorno fa su Nature Medicine e condotta dal prof. Benjamin Marsland dell’Università di Losanna, ha consentito di individuare un importante meccanismo di protezione per le vie respiratorie attivato dalla flora intestinale.

Lo studio è stato condotto con un modello sperimentale di topi di laboratorio alimentati con una dieta ricca di fibre rispetto ad una dieta “controllo”, povera di fibre e disegnata secondo i principi della dieta occidentale ricca di cibospazzatura”.

L’osservazione sperimentale dei topi ha rilevato come i roditori alimentati sulla base di una dieta ricca di fibre risultassero meno vulnerabili all’asma e presentassero un minore grado di irritazione ed infiammazione delle vie respiratorie, rispetto ai topi controllo.

Si è osservato che il contenuto di fibre dietetiche fermentabili modificava la composizione del microbiota intestinale e polmonare, in particolare modificando il rapporto di batteri Firmicutes- Bacteroides. A sua volta, la flora intestinale così “selezionata”, metabolizzando la fibra alimentare, produceva un aumento della concentrazione circolante di acidi grassi a catena corta (SCFA), facilmente assorbibili dall’intestino che, entrando nel circolo sanguigno, sono in grado di attivare segnali immunitari che inducono a ridurre infiammazione ed irritazione.

Sono, quindi, questi acidi grassi a catena molto corta, secondo i ricercatori, i responsabili dei benefici effetti anti-asma. La scoperta spiegherebbe pertanto il netto aumento dell’asma allergica in funzione di una dieta che privilegia cibo confezionato rispetto a quello ricco di fibre.

Quindi la conoscenza della composizione del microbiota intestinale e del valore degli acidi grassi, rappresentano una nuova strategia di prevenzione per l’asma. La difesa delle nostre vie respiratorie passerebbe quindi anche dalla nostra flora intestinale, la cui composizione dipende molto dal tipo di alimentazione.

 



February 25, 2015 Newsletter
Riportiamo e commentiamo l’intervista fatta al Dr. Alberto Mantovani, direttore di reparto dip. sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare (Spvsa) – tossicologia alimentare e veterinaria, Istituto superiore di sanità.
Che cosa sono gli interferenti endocrini (Ie) e quali i loro meccanismi d’azione?

Sono un gruppo eterogeneo di sostanze in grado di alterare il funzionamento del sistema endocrino con meccanismi diversi (recettoriali, metabolici ecc.). I principali bersagli dei loro effetti sono l’omeostasi degli steroidi sessuali e della tiroide, dunque la salute riproduttiva e lo sviluppo.

Quali sono i principali Ie e quali sono le fonti di assunzione per l’uomo?
Molte sostanze di origine antropica sono Ie: composti alogenati che si bioaccumulano e interferiscono con gli steroidi sessuali, come le diossine, che hanno un effetto antiestrogeno e i policlorobifenili (PCB). Poi ancora diversi pesticidi e biocidi (per esempio etilene-bisditiocarbammati) e composti industriali (come ritardanti di fiamma polibromurati) che hanno un’azione tireostatica.
Sono Ie anche alcune sostanze naturali: lo zearalenone, una micotossina contaminante dei cereali, ha un’azione estrogenica simile. Lascia ancora dei dubbi l’esposizione a dosi elevate di fitoestrogeni come isoflavoni e lignani, durante la gravidanza o la prima infanzia: sono infatti deboli agonisti del recettore estrogeno beta e sono presenti anche nella soia, ingrediente base di integratori e latti artificiali.
Una delle fonti di esposizione per l’uomo sono le matrici alimentari, soprattutto se ricche di grassi (per es., certi tipi di pesci), dove i vari Interferenti Endocrini (IE) si possono accumulare.

Quali sono le categorie più a rischio e quali sono le patologie associate?
La gravidanza e l’infanzia sono le fasi più a rischio, anche se spesso gli effetti si manifestano a lungo termine, e possono variare con il sesso e l’età in cui è avvenuta l’esposizione. Il WHO segnala che l’esposizione può aumentare il rischio di patologie riproduttive, disturbi comportamentali nell’infanzia, fino a diabete e alcuni tipi di cancro (testicolo, mammella).

Va poi considerato che dosi molto basse di diversi IE con la stessa azione, possono sommare i loro effetti fino ad indurre un effetto tossico significativo.

Quali sono i comportamenti corretti per ridurre il rischio?
Secondo il Decalogo per i cittadini sugli IE pubblicato dall’ISS e dal Ministero Ambiente è opportuno minimizzare l’esposizione alle fonti: usare contenitori in plastica o stoviglie integri, secondo le modalità previste dal produttore; limitare il consumo di alimenti che possono accumulare IE e il contatto dei cibi con carta oleata o pellicole. Inoltre bisogna fare attenzioni ai metodi di cottura (eliminare parti carbonizzate che contengono idrocarburi policiclici aromatici); limitare il consumo di cibi affumicati ed evitare il ristagno dei fumi in cucina e della polvere negli ambienti chiusi; per i bambini, variare la dieta e assicurare un apporto adeguato di vitamine e microelementi con effetto protettivo.

Aggiungiamo che un controllo sul qualità della composizione corporea, eseguendo un test sui capelli, mineralogramma, ci indicherà la percentuale di minerali presenti nei tessuti, la possibilità di riscontro di metallo pesanti potenzialmente tossici.

Un controllo sulla qualità della flora batterica dell’intestino, ci orienterà sul grado di Disbiosi intestinale, e sulla possibilità di correggere l’alimentazione.

Il test su possibili intolleranze alimentari ( ALCAT Test) segnalerà le possibili incompatibilità di alcuni alimenti indirizzando il nutrizionista specialista sul tipo di dieta da seguire per evitare infiammazioni e possibili malattie derivanti da contaminati alimentari. Il test ALCAT analizza anche intolleranze a sostanze chimiche presenti negli alimenti oltre che a conservanti e additivi alimentari.

Valutazione e integrazione sono alla base dei percorsi di prevenzione individuale e personalizzata.



February 23, 2015 Newsletter

Era il 2000 quando i primi risultati sul sequenziale di tutto il DNA umano fu concluso. Furono svelati i segreti di come siamo fatti, a quali malattie siamo predisposti è come possiamo curarci. Ma leggere la sequenza di basi del nostro materiale genetico racconta solo una parte di chi siamo e a cosa siamo predisposti ad avere nel tempo.

È allo stesso modo importante anche sapere come vengono espressi (come funzionano i geni).Oggi sappiamo qualcosa di più al riguardo grazie al Roadmap Epigenomics Project, i cui risultati sono stati pubblicati su riviste del gruppo Nature.

Gli studi in questione descrivono un fattore molto importante che influenza l’attività dei geni, l’epigenomica, ovvero mostrano come, in diversi tipi di cellule umane, il DNA viene letto, il modo cioè in cui una stessa informazione genetica (tutte le cellule di uno stesso organismo hanno lo stesso dna) è usata (espressa) in modo diverso da cellula a cellula.

Ma cos’è l’epigenetica? È come funziona? A cosa serve?

Per epigenetica si intende l’insieme dei fenomeni che stanno al di fuori e al di sopra del DNA e quindi dei geni, che in qualche modo hanno una influenza sull’espressione dell’attività dei geni. Il come è codificato da tutte le modifiche che non alterano la sequenza genetica stessa ma stanno, per così dire, sopra (da qui la parola epigenetica).

Sono modifiche epigenetiche per esempio la metilazione del DNA (l’aggiunta di gruppi metilici alle basi di citosina) o il trasferimento di un gruppo acetile sugli istoni (proteine che legano il dna).
Per rendere meglio l’idea, ogni cellula può esprimere il proprio dnai n modo diverso a seconda del proprio lavoro (se deve essere una cellula cardiaca sarà diversa da un neurone), proprio come una stessa orchestra può suonare un pezzo in molti modi diversi.

I numerosi risultati pubblicati su Nature raccontano quindi di queste diverse sinfonie, suonate dalle cellule, scoperte analizzando campioni di tessuto embrionali (in fase di sviluppo e differenziazione) e adulto. Si scopre così, per esempio, che la trasformazione da staminali a cellule neuronali è orchestrata da specifici processi di metilazione, e più in generale la differenziazione delle cellule staminali è influenzata dalle modificazioni della cromatina (l’insieme del dna e delle proteine attaccate a esso), che influenza a sua volta il pattern di espressione genica.

Ma l’analisi epigenomica condotta dal gruppo di ricercatori, ha anche mostrato che l’epigenoma di una cellula cancerosa si porta dietro le impronte del tipo cellulare da cui ha avuto origine. O ancora: alterazioni epigenomiche nelle cellule del giro cingolato (un gruppo di cellule nervose che formano una regione specifica del cervello) potrebbero avere un ruolo nella sindrome da deficit di attenzione e iperattività.

Lo studio dell’epigenomica quindi potrebbe aprire le porte alla comprensione dell’origine delle malattie, e al tempo stesso alla comprensione di come gli stili di vita influenzino il nostro genoma.Le modifiche epigenetiche infatti sono in parte ereditarie, come i geni stessi, in parte dipendono dalle condizioni ambientali, quali la dieta delle mamme durante la gravidanza.

Concludendo, da queste osservazioni e conferme da parte dei ricercatori, possiamo affermare che siamo di fronte ad un punto di svolta per quanto riguarda la nutrizione e come questa sia in grado di influenzare l’attività dei geni, che a Loro volta si metteranno al lavoro, influenzando la salute o la possibile Malattia.

La nutrigenomica, da anni è al sevizio della medicina il cui scopo è quello di attivare programmi nutrizionali personalizzati che possono influenzare la salute e preventive le malattie.



February 16, 2015 Newsletter

Il riso Oryza Sativa, pianta erbacea annuale della famiglia delle Gramineae, di origine asiatica che insieme alla Oryza Glaberrima coltivata in Africa, è una delle due varietà vegetali da cui si produce il riso.

L’Oryza Sativa costituisce la maggior parte della produzione, in quanto coltivata su circa il 95% della superficie mondiale seminata a riso. Cereale, dall’incerta origine, si ritiene che le varietà più antiche siano comparse oltre quindicimila anni fa lungo le pendici dell’Himalaya.  Le statistiche documentano che il riso costituisca il cibo principale per circa la metà della popolazione mondiale e che venga coltivato in quasi tutti i paesi del globo.

Ne esistono tre tipologie:

Indica: tipica dei climi tropicali dall’alto valore di mercato, cariosside lunga e sottile. Tipologia dalla produttività media tipica dell’India, Cina meridionale, Filippine, America Latina, Italia, Brasile;

Japonica: tipica dei climi temperati, basso valore di mercato, cariosside corta e arrotondata, nota per l’alta produzione è coltivata in Giappone, Corea, Cina settentrionale, USA, Egitto, Italia;

Javanica: tipologia di minore importanza.

La Japonica è la sottospecie maggiormente coltivata in Italia, tipicamente usata per i risotti. A sua volta si divide in 4 tipologie:

Risi comuni (tondi e piccoli)

Risi semifini (tondi di media lunghezza)

Risi fini (affusolati e lunghi)

Risi superfini (grossi e lunghi)

L’Italia, con 1,44 milioni di tonnellate di riso prodotti nel 2005, rappresenta il principale produttore europeo e il ventisettesimo a livello mondiale. La coltivazione è concentrata principalmente nelle regioni Piemonte e Lombardia, nel triangolo Vercelli, Novara, Pavia. Viene inoltre coltivato in provincia di Mantova, in Emilia-Romagna in particolare nel basso ferrarese, in Veneto in particolare nella bassa veronese (Isola della Scala), nel Vicentino centrale (Grumolo delle Abbadesse), in Sardegna nella valle del Tirso e in Calabria nella Piana di Sibari.

Oggi però parliamo del riso rosso fermentato o Monascus Purpureus, un valido aiuto contro il colesterolo, nato dalla fermentazione del comune riso da cucina (Oryza Sativa), grazie ad un particolare lievito, chiamato Monascus Purpureus o lievito rosso.Questo riso, che deve il suo nome alla caratteristica colorazione, rappresenta una componente tradizionale della fitoterapia cinese ma è molto conosciuto anche in occidente per le preziose virtù ipolipidemizzanti, cioè coadiuvanti alla riduzione delle quantità di lipidi nel sangue.

Questo notevole interesse nei confronti del riso rosso è dovuto alla presenza di Monascus Purpureus, lievito che durante la sua attività fermentatrice, si arricchisce di un gruppo di sostanze, denominate monacoline, a cui è stata scientificamente attribuita un’elevata attività ipocolesterolemizzante, cioè che contribuisce ad abbassare il livello di colesterolo.

Appare dunque evidente che il riso rosso fermentato riduca il rischio cardiovascolare grazie ad azioni antiaterosclerotiche di altro tipo (effetto antinfiammatorio, vasodilatante e riduttivo sui livelli di lipoproteina A).   L’impiego di estratti di riso rosso fermentato è ammesso anche nella produzione di integratori alimentari, purché rimanga entro certi limiti fissati dal Ministero.

Tutto ciò ha contribuito ad alimentare il già fiorente business del riso rosso, spesso pubblicizzato in maniera eccessiva.D’altra parte, l’acquirente medio è attirato dalla possibilità di perdere peso ricorrendo ad un prodotto naturale, non elaborato sinteticamente e che per di più funge da valida alternativa alimentare per coloro che sono costretti ad assumere quotidianamente le statine, svolgendo al tempo stesso un ruolo preventivo futuro.

 


 



February 13, 2015 Newsletter

Finalmente è arrivato il gran momento e io sono molto emozionata! Si parlerà di intolleranze anche su un canale Rai.

Ho ricevuto un invito per trattare la tematica delle intolleranze alimentari in cucina, per questo parteciperò alla videochat online del TG1 online mercoledì 18 febbraio alle ore 14.15 condotta dalla giornalista Anna Scafuri. 

Sono pronta ad ascoltare tutte le domande relative alle intolleranze in cucina per sciogliere i vostri dubbi e sfatare i falsi miti che avvolgono il mondo delle intolleranze alimentari.

Per qualsiasi chiarimento sintonizzatevi davanti al computer sul canale RAI del TG1 online alle 14.15 e contattatemi durante la diretta.

Nonna Paperina vi aspetta numerosi!



January 20, 2015 Newsletter

La comune FARINA 00 che si trova nei supermercati si ottiene attraverso la macinazione industriale del chicco di grano. Tale processo prevede l’eliminazione del germe di grano e della crusca, per consentire una maggiore conservazione del prodotto a discapito di importanti sostanze

nutritive come aminoacidi, acidi grassi, sali minerali e vitamine, che vengono persi durante il procedimento. Il prodotto che si ottiene è quindi ricco quasi esclusivamente di AMIDI, polisaccaridi responsabili dell’innalzamento repentino della quantità di zucchero nel sangue (picco glicemico), il quale richiama l’intervento di un ormone, l’INSULINA.

Tale ormone ha capacità anabolizzanti ed è quindi in grado di AUMENTARE LA QUANTITÀ DI DEPOSITI ADIPOSI ALL’INTERNO DELL’ORGANISMO e INNESCARE FENOMENI DI RESISTENZA INSULINICA

che, se esasperati, possono portare all’insorgenza del DIABETE DI TIPO II.

Discorso analogo può essere fatto per la FARINA DI RISO: pur essendo

priva di glutine, è tuttavia ricchissima di amidi e povera di proteine e quindi responsabile di un repentino innalzamento della quantità di zuccheri nel sangue con conseguente RILASCIO DI INSULINA e dei problemi ad essa connessi. Fortunatamente, negli ultimi anni molte aziende hanno cominciato a produrre farine maggiormente ricche in fibre o provenienti da cereali diversi dal grano, dando inizio al filone delle cosiddette “FARINE ALTERNATIVE”. Tra queste abbiamo:

  1. FARINA INTEGRALE DI FRUMENTO: conserva integralmente la crusca ed è per questo molto più ricca di fibre, fattore che contribuisce ad abbassare il picco glicemico.
  2. FARINA DI MANITOBA: è una farina di grano tenero molto ricca in proteine e con pochi Contiene anche la glutenina e la gliadina che, a contatto con l’acqua, formano il glutine.
  3. FARINA DI FARRO INTEGRALE: è prodotta della macinazione del farro, il più antico tipo  di frumento E’ una farina molto ricca di vitamine (A, B2 e B3) e di sali minerali (fosforo, potassio e magnesio). E’ adatta per la realizzazione di dolci, pasta e pane.
  4. FARINA DI SEGALE: è ricca di proteine e sali minerali; ha proprietà fluidificanti del sangue, rafforza e mantiene elastiche le arterie prevenendo l’aterosclerosi e, grazie al basso picco glicemico, è ideale anche nelle diete per diabetici. E’ adatta per la preparazione di pane e di alcuni tipi di dolci.
  5. FARINA DI AVENA INTEGRALE: è una farina ricca di fibre e con un migliore potere saziante rispetto alla farina di Grazie alla presenza di vitamine, minerali e altre sostanze nutritive si rivela un ottimo alimento energizzante ed’è inoltre in grado di rallentare l’assimilazione del glucosio e di abbassare il livello di colesterolo cattivo (LDL).

Accanto alle farine alternative con basso INDICE GLICEMICO, abbiamo anche quelle consigliate per chi soffre di CELIACHIA o di SENSIBILITÀ AL GLUTINE perché prive di tale proteina. Tra queste abbiamo:

  • FARINA DI CECI: ricca di minerali (calcio, fosforo, ferro), di proteine e vitamine (C, B). Si ricava dalla macinazione dei ceci essiccati e ne conserva tutte le proprietà. Grazie alle saponine presenti, inoltre, tale farina è molto utile per diminuire i livelli di colesterolo e trigliceridi nel Molto versatile in cucina, può essere utilizzata per dolci, pasta, gnocchi e panature.
  • FARINA DI MAIS: viene soprattutto utilizzata per la preparazione della polenta e di dolci caratteristici, mentre non è adatta per la panificazione, a meno di mischiarla con altri tipi di farine.
  • FARINA DI CASTAGNE: nota anche con il nome di farina dolce, essa è costituita da castagne precedentemente essiccate e infine E’ ricca di carboidrati e sali minerali e povera di grassi. Ideale per le più svariate preparazioni sia dolci (castagnaccio, torte, biscotti, frittelle) che salate (pasta, gnocchi, crepes).
  • FARINA DI QUINOA: viene ottenuta a partire dalla macinazione dei chicchi di questo pseudocereale di origine Si tratta di una pianta erbacea della famiglia delle Chenopodiaceae (la stessa famiglia degli spinaci o della barbabietola); si differenzia inoltre dai cereali per via del suo contenuto di lisina e per una maggiore ricchezza di amminoacidi. E’ ricca di sali minerali come calcio, ferro e potassio.
  • FARINA DI GRANO SARACENO: viene ottenuta dalla macinazione di una pianta erbacea della famiglia delle Polygonaceae (è quindi in realtà uno pseudo-cereale). E’ una farina ricca di amminoacidi essenziali e con un alto valore biologico: le sue proteine sono infatti paragonabili a quelle della carne e della soia
  • FARINA DI MANDORLE: è una farina con un buon contenuto di acidi grassi insaturi, proteine, zuccheri, vitamine (E, B) e sali minerali. Molto sfruttata nella preparazione di dolci, la farina di mandorla ha un elevato potere calorico e grazie ad un enzima, l’emulsina,che facilita la digestione dei glucidi.
  • FARINA DI SOIA: ottenuta dalla macinazione dei semi di questo legume, la farina di soia contiene proteine ad alto valore biologico, sali minerali, vitamine e acidi grassi essenziali come omega 3 e omega 6. Può essere utilizzato dai vegani come sostitutivo delle proteine della carne e delle uova.
  • FARINA DI CANAPA: una delle ultime novità sul fronte delle farine alternative, si ottiene dalla pressatura dei semi di questa Possiede proteine ad alto valore biologico, come quelle della soia, acidi grassi essenziali omega 3 e omega 6 e fibre.

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