Con l’avvicinarsi della stagione estiva aumenta la voglia di rimettersi in forma e perdere quei chili di troppo che, a causa di una ridotta attività fisica e di un maggiore introito calorico, abbiamo accumulato durante l’inverno.
Il nostro stato fisico può, infatti, essere paragonato alla risultante di una semplice e banale equazione, che coinvolge le calorie introdotte e quelle utilizzate a scopo energetico. In parole povere, quando le calorie assunte sono di più di quelle consumate (sport, movimento ecc), l’organismo “conserva” questo surplus energetico sotto forma di grasso di deposito, i famosi cuscinetti distribuiti nei vari distretti.
Sembrerebbe, dunque, che per perdere peso sia sufficiente ridurre gli introiti o aumentare i consumi energetici. In teoria, è così. Nella pratica, purtroppo, numerosi fattori possono complicare le cose: il controllo ormonale, le abitudini scorrette, la qualità dei cibi, le intolleranze alimentari e tutta una serie di altre cause.
Altro aspetto, che sicuramente influisce sulla valutazione e sul trattamento del problema, è il non tenere in debita considerazione l’aspetto temporale. Molti pazienti vorrebbero perdere i chili in eccesso nell’arco di pochissimo tempo. Ecco perché, a ogni nuova stagione, proliferano diete miracolistiche, che promettono risultati brillanti in tempi ristrettissimi: giusto uno o due mesi (a volte molto meno….) prima della famosa “prova costume” ormai non più solo appannaggio delle gentili signore, ma anche tra aitanti maschietti.
Tra le tante diete proposte di recente, la più nota – nel bene e nel male – è senz’altro quella ideata dal Dr. Pierre Dukan. Utilizzata dai reali d’Inghilterra e da altri personaggi famosi, sembra non avere lo stesso successo negli ambienti scientifici. Nei miei ambulatori di Fano e Bari, i pazienti mi domandano spesso come funziona questa dieta e se effettivamente può creare dei disturbi.
La parola d’ordine della dieta Dukan è: No carboidrati; Si proteine. All’inizio della dieta si mangiano, infatti, solo proteine, a colazione, pranzo e cena. Teoricamente, in questo modo, si eviterebbero gli accumuli di grasso dovuti all’introito di carboidrati e grassi, e si andrebbe a stimolare l’utilizzo del grasso posseduto a scopi energetici. Molto sommariamente questo è il principio. In realtà, le cose sono un po’ diverse.
La dieta si divide in quattro fasi:
- La prima, definita di “attacco“, della durata di circa una settimana, prevede durante la giornata l’utilizzo di sole proteine (carne, pesce, formaggi, uova, ecc).
- La seconda, definita di “crociera“, prevede l’introduzione di vegetali da alternare alle proteine.
- La terza, definita di “consolidamento“, prevede la reintroduzione di carboidrati, frutta e altri alimenti.
- La quarta fase è di “stabilizzazione“, che prevede la ripresa delle abitudini regolari. Non ci sono limiti di quantità.
Proviamo a fare l’avvocato del diavolo per analizzare gli eventuali “pro” e “contra”:
PRO:
- E’ abbastanza rapida.
- Toglie la fame. Le proteine hanno un potere saziante più elevato degli altri gruppi alimentari.
- E’ relativamente semplice.
CONTRA:
- E’ vincolante. Bisogna seguire le diverse fasi attentamente, pena gli annullamenti degli effetti.
- E’ ripetitiva. Sempre e solo proteine.
- E’ abbastanza rischiosa. Non è indicata a persone che hanno problemi cardiaci o colesterolo alto.
- E’ molto povera di fibre: stitichezza e “inaridimento ” dell’intestino, sono sempre in agguato.
- Quando s’interrompe, si riprende quanto perso (anche con gli interessi).
Tra i vari svantaggi, è bene evidenziare il manifestarsi di forti scompensi nutrizionali, che si manifestano con cali di energia, dovuti soprattutto alla forte mancanza di carboidrati, ma anche di verdure e frutta, importanti per le vitamine. Può favorire l’aumento di colesterolo cattivo (LDL), soprattutto dovuto al forte consumo di carni rosse e uova.
C’è anche un aspetto psicologico dovuto alla forte limitazione d’uso dei vari alimenti. Una dieta, anche se dimagrante, dovrebbe quanto più possibile soddisfare il palato.
Cercando di non essere troppo “tecnico”, è giusto aggiungere qualche concetto sul meccanismo della dieta Dukan. Si tratta di una dieta prevalentemente proteica, che stimola una via metabolica “alternativa” a quella tipica di un’alimentazione mista (carboidrati, lipidi e proteine), e genera come prodotti di scarto delle sostanze chiamate “corpi chetonici” (Acetone, Acetoacetato, Acido Beta-idrossi-Butirrico). A contatto con i bambini piccoli, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito il caratteristico odore del famoso “acetone“, manifestato soprattutto nei casi di alimentazione scorretta. Ebbene, anche con la Dieta Dukan, si ha una grande produzione di corpi chetonici, che (soprattutto il Beta idrossi Butirrico) a livello Ipotalamico (è una particolare regione del cervello, che presiede molte funzioni di controllo), riducono lo stimolo della fame e garantiscono tono ed euforia al paziente. In genere, un metabolismo normale ne produce in minime quantità, che sono smaltite da reni e polmoni.
L’accumulo dei corpi chetonici, detta chetosi, abbassa il ph (misura l’acidità) ematico (del sangue), con conseguente acidosi metabolica (situazione tipica dei diabetici scompensati). Il problema si aggrava se il soggetto pratica un’intensa attività sportiva, che aumenta le richieste di glucosio da parte dell’organismo.
Complessivamente, quindi, la dieta funziona nell’immediato, ma sottopone l’organismo a uno stress continuo e non salutistico. Il gioco non vale la candela; la dieta chetogenica, infatti, anche se efficace, dovrebbe essere sostituita da altri regimi alimentari meno dannosi, soprattutto quando si vuol portare avanti un programma di riduzione del peso più a lungo termine. Un dimagrimento più graduale (in media tre/quattro kg al mese) è il metodo più duraturo e salutare.
Perdere peso è solo la punta di una serie di condizioni alterate, che apparentemente sono abbinate solo all’aumento ponderale, ma in realtà incidono su tutta una serie di aspetti che dovrebbero essere tenuti in considerazione:
- Inquadramento del paziente
- Individuazione di eventuali intolleranze alimentari (c’è una stretta correlazione tra aumento di peso e presenza di un’alterata tolleranza verso certi alimenti.)
- Disintossicazione ed eliminazione di tossine.
- Programma alimentare molto vario, che prevede l’utilizzo di tutti i gruppi alimentari, ma con una novità: una grossa riduzione dell’utilizzo di carboidrati legati al frumento (vedi pane e pasta), con utilizzo di carboidrati appartenenti a cereali diversi, vedi Miglio, Quinoa, Grano Saraceno, Avena ecc, sempre che non ci siano segnali particolari derivanti dal test sulle intolleranze.
Il tutto sempre supportato da una buona attività fisica (ricordo i grossi benefici sul consumo di grasso derivanti da una semplice passeggiata a passo svelto) e dall’abbondante consumo di acqua durante la giornata. Fondamentale, durante tutti i programmi alimentari, è l’utilizzo di frutta e verdura, per l’apporto di sali minerali e vitamine. Importante, inoltre, non esagerare con i carboidrati: mai la sera, e soprattutto a non elevato Indice Glicemico (I.G.). Quanto più è alto l’indice glicemico (dolci raffinati, pane bianco, zucchero, ecc), tanta più Insulina si metterà in circolo, con l’aumento di peso che ne consegue. (si trovano tabelle con gli indici glicemici dei vari alimenti).
a cura del Dr Francesco Lampugnani, Biologo Nutrizionista, Specialista in Farmacologia