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May 13, 2022 dieta e nutrizione

Caffè e salute

Il caffè in Italia e in molti altri paesi, spesso non rappresenta solo un’abitudine, ma un vero e proprio rituale a cui è difficile rinunciare quando il medico ci consiglia di ridurne l’assunzione. Tuttavia, più che alla tazzina, dovremmo far attenzione al principio attivo della caffeina che è presente anche negli alimenti più inaspettati come ad esempio il cioccolato.

Quando siamo a dieta spesso il nutrizionista mette un limite al consumo di caffè per diverse ragioni.
In realtà Il caffè ha un contenuto calorico praticamente uguale a zero e si può bere tranquillamente anche durante una dieta ipocalorica, ma la caffeina in esso contenuta può avere controindicazioni.

Infatti, un consumo eccessivo di caffeina può comportare problemi di anomala frequenza cardiaca, aumenti di pressione, provocare una reazione infiammatoria o ancora un aumento della secrezione gastrica (con possibili irritazioni della mucosa) e negli individui particolarmente sensibili anche a basse quantità.

C’è un rapporto profondo e millenario tra l’uomo e le varie sostanze stimolanti come alcool, tabacco e caffeina ed il legame non è casuale. La caffeina, infatti, è chiamata in causa nella genesi di una moltitudine di effetti positivi e in parte negativi associati al consumo di caffè.

Non solo nel caffè! Quali sono gli alimenti ricchi di caffeina?

La caffeina è una sostanza naturale presente in diverse piante da cui si ottengono bevande e alimenti.
È il caso, ad esempio di:

  • Tè (da 28 a 150 mg/tazza a seconda del tipo di tè e del tempo di infusione)
  • Yerba Mate (85 mg/tazza)
  • Cola (35-40 mg/lattina)
  • Cioccolato (100 mg/100 gr)
  • Bevande energizzanti (100 mg/100 ml)
  • Guaranà (50 mg/tazzina)
  • Caffè espresso o moka (85 mg/tazzina)

per non parlare degli analgesici, dei cosmetici anticellulite, farmaci e integratori vari.

La quantità di caffeina che generalmente un individuo sano è in grado di sopportare senza problemi è nell’ordine dei 4-5 mg di caffeina per Kg di peso corporeo ideale.

In pratica, il consumo anche regolare di 4-5 tazzine di caffè al giorno generalmente non crea problemi agli adulti sani che seguono uno stile di vita equilibrato e che non consumano altri alimenti contenenti caffeina (tè, cioccolata, cola).

Perché bere caffè ci fa sentire subito più “svegli”?

L’abitudine di bere una buona tazzina di caffè quando siamo un po’ stanchi o quando dobbiamo svegliarci non è del tutto sbagliata perché ci fa sentire subito più svegli.

La sensazione in realtà è una reale conseguenza dell’assunzione di caffeina. Infatti, grazie ad una sua caratteristica molecolare, la caffeina ha la capacità di passare rapidamente la barriera emato-encefalica (una specie di parete virtuale presente nel cervello, preposta ad impedire il passaggio di molte molecole trasportate dal sangue).

Gli effetti della caffeina sul nostro organismo

La caffeina è il principio attivo psicoattivo più usato al mondo. La sua conformazione chimica la rende infatti idonea ad interagire con specifici recettori biologici che regolano la funzionalità del sistema cardiovascolare, endocrino e nervoso.

Anche se gli effetti di questa sostanza sono numerosissimi, la maggior parte di essi è dovuta agli effetti stimolanti che la caffeina esercita sull’intero organismo.

Il tratto intestinale, ad esempio, assorbe la caffeina molto rapidamente ed i picchi di concentrazione plasmatica si osservano dopo circa un’ora dalla sua ingestione. Il suo metabolismo, tuttavia, è molto rapido e decisamente superiore rispetto ad altri stimolanti come le anfetamine. I livelli plasmatici di caffeina si riducono del 50% dopo circa 3-6 ore dall’assunzione.

Ecco gli effetti della caffeina sul nostro organismo:

  • Sistema nervoso: eccitabilità, miglioramento dei riflessi e della capacità di concentrazione, azione analgesica
  • Sistema cardiocircolatorio e respiratorio (azione mediante l’interazione con i recettori biologici): grazie alla sua azione di antagonista competitivo nei confronti dei recettori dell’adenosina, la caffeina favorisce il rilascio di due ormoni chiamati adrenalina e noradrenalina. Le catecolamine favoriscono l’aumento del metabolismo corporeo, della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e del numero di atti respiratori (aumentando così l’ossigenazione del sangue)
  • Sistema digerente: aumento della sintesi acida a livello gastrico, aumento della diuresi
  • Sulla pelle: se applicata sulla cute tramite cosmetici specifici (creme, gel e patch) risulta utile nel trattamento delle adiposità localizzate.

Posso bere il caffè durante la gravidanza?

Durante la gravidanza si tende a ridurre o eliminare completamente alimenti e bevande ricche di caffeina.
Questo perché la caffeina riesce ad attraversare anche la placenta e può essere presente nel latte materno. Durante gravidanza e alattamento è pertanto consigliabile ridurre fortemente l’assunzione di caffè e degli altri alimenti ricchi in caffeina.

Caffeina e sport: le bevande energetiche e gli integratori sono considerati doping?

La caffeina ha un’azione positiva sulle performance della maggior parte degli atleti.
Anche dosi tutto sommato moderate (200-400 mg) ingerite un’ora prima della competizione migliorano l’attenzione, la concentrazione e la resistenza. Considerata la grande variabilità individuale si consiglia comunque di sperimentarne l’utilizzo in allenamento prima di assumerla in gara.

Un atleta risulta positivo ai controlli antidoping quando la concentrazione di caffeina nelle sue urine supera i 0.012 mg/ml (= 12 mcg/ml). Non è facile stabilire con esattezza quale sia la dose di assunzione in grado di far superare tale soglia perché è piuttosto soggettiva. In genere si consiglia di non assumere più di 6-8 tazzine di caffè espresso o due tre tazze di caffè tradizionale, nelle tre ore precedenti la competizione.

Bere caffè fa dimagrire?

In virtù del loro elevato contenuto in caffeina, the e caffè vengono spesso consigliati per favorire il dimagrimento (in associazione ad una dieta corretta). Diversi studi hanno confermato questa proprietà, che trova una spiegazione logica nel suo effetto stimolante sul metabolismo basale.

In particolare 500 mg di caffeina (l’equivalente di 5 o 6 caffè) possono aumentare il metabolismo basale del 10-15%. Tradotto in termini più semplici un simile livello di assunzione permette di consumare un quantitativo di calorie maggiore al giorno, ovviamente in relazione alla peso e soprattutto alla massa muscolare del soggetto.

Quindi bere caffè non fa dimagrire, ma può aiutare ad accelerare il metabolismo.

La caffeina è un ingrediente caratteristico dei cosmetici per trattare la cellulite e le adiposità localizzate; applicata sulla cute favorisce la mobilizzazione dei trigliceridi dal tessuto adiposo sottocutaneo mediata dalla lipasi lipolitica.

Il caffè fa male? 

Per godere al massimo dei benefici della caffeina, senza disturbi del sonno o per la salute, la scienza suggerisce di non assumerne più di quella contenuta in 3-4 tazzine di caffè al massimo. Gli effetti di questa sostanza sono però molto soggettivi. Diversi studi genetici hanno identificato specifiche varianti genetiche che sembrano predisporre al metabolismo di caffeina (e quindi a un suo maggiore consumo).

Uno studio del 2016 ha dimostrato che le persone che assumono grandi quantità di caffeina sono anche quelle che geneticamente la metabolizzano con facilità. Ciò suggerisce che l’organismo umano sia in grado di autoregolarsi, e che non sia pericolosa perché ci manteniamo naturalmente all’interno dei nostri limiti.

Il discorso vale per le persone in buona salute: per chi ha problemi di pressione alta o di cuore, per i bambini e le donne in gravidanza, vale la regola di una maggiore cautela o anche dell’astensione.

In casi estremi, comunque, la caffeina può essere letale: 10 grammi di caffeina sono quasi sempre sufficienti a provocare reazioni che portano a un arresto cardiaco. Una tazzina di caffè, però, ne contiene meno di 100 milligrammi (0,1 grammi). Occorrerebbero quindi 100 tazzine di caffè in rapida successione per assumere una dose mortale di questa sostanza.

Gli effetti negativi della caffeina sull’organismo

Il caffè riduce l’assorbimento e la biodisponibilità di alcune sostanze:

  • riboflavina o vitamina B2
  • calcio
  • ferro
  • creatina

Un intossicazione da caffeina causata dalla massiccia assunzione di questa sostanza causa eccitazione smodata, nervosismo, insonnia e tachicardia.

La caffeina va assunta con moderazione in caso di:

  • esofagite e reflusso gastroesofageo (oltre ad aumentare il potere lesivo dei succhi gastrici la caffeina rilassa la “valvola” che impedisce la risalita del contenuto gastrico nell’esofago)
  • ulcera allo stomaco
  • anemia
  • ipertensione
  • tachicardia, aritmie e problemi cardiaci in genere
  • osteoporosi o in caso di fratture ossee

L’utilizzo prolungato di caffeina tende a smorzare gli effetti benefici che abbiamo visto prima e se assunta ad alte dosi, ne accentua quelli collaterali (acidosi, edema polmonare, allucinazioni).

Curiosità sul caffè e sulla caffeina 

La caffeina stimola il sistema nervoso. Dà, quindi, una sferzata di “energia”, accelerando i riflessi e aumentando la vigilanza. Attenzione, però: il caffè e le bevande energetiche a base di caffeina non possono annullare gli effetti dell’alcool. Anzi, berli ci dà la falsa illusione di aver recuperato la prontezza di riflessi, quando invece l’effetto sedativo dell’alcol è ancora prevalente, con un grave rischio per se stessi e per gli altri.

Il caffè non favorisce la digestione, anzi, se preso con molto zucchero o peggio ancora con panna o alcolici, la rallenta. Gli effetti stimolanti della caffeina possono comunque dare la sensazione di una digestione apparentemente migliore.

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Caffè, Caffeina, Alimentazione
Redattore: Dott. Alessio Tosatto


La dieta genetica per mangiare bene e prevenire l’insorgenza di infiammazione.

Il nostro DNA ci può dare tantissime informazioni preziose. Conoscere queste informazioni è uno strumento di analisi e prevenzione davvero unico.

Con il test genetico GENE & DIET® analizziamo con un metodo non invasivo (è un test su saliva che si può fare comodamente da casa) alcuni geni legati al metabolismo. Il Dott. Alessio Tosatto, biologo nutrizionista in Imbio, ci spiega in modo molto semplice la relazione che ha il nostro DNA con l’alimentazione e come possiamo utilizzare queste informazioni per migliorare il nostro stato di forma, prevenire l’insorgenza di infiammazione e di malattie cardiovascolari. 

Il nostro DNA influenza la risposta agli alimenti che mangiamo?

Vi è mai capitato di domandarvi perché alcune persone hanno una determinata corporatura? La risposta può essere scritta nel nostro DNA e nello stile di vita che adottiamo.

Ad esempio nelle donne la rinomata conformazione “a pera”, quindi di tipo ginoide, piuttosto che la capacità di alcuni individui di metabolizzare grassi e zuccheri con estrema facilità o ancora quella di altri ad “ingrassare” velocemente e solo in determinate zone è causata dalla risposta genetica ai diversi fattori ambientali.

Il fenotipo, ovvero l’insieme di caratteristiche visibili di un individuo, è il risultato dell’interazione tra i nostri geni e i fattori esterni. Questo significa che il nostro patrimonio genetico, ovvero il genotipo, determina solo in parte quello che siamo e i fattori ambientali possono avere una maggiore o minore influenza a seconda dei casi. Genotipi uguali possono, se sottoposti all’azione di ambienti differenti, produrre diversi fenotipi o viceversa.

Tra i fattori esterni rientrano sicuramente l’alimentazione e lo stile di vita (esposizione al fumo, sedentarietà, etc.) oltre all’ambiente dove viviamo (fattori di inquinamento e igiene).
Alimentazione e stile di vita vanno ad incidere sugli ormoni, che vanno a determinare oltre alla genetica quella che può essere una conformazione strutturale ed una determinata corporatura.

Oggi, mediante un semplice prelievo salivare, è possibile valutare la propria predisposizione a diverse problematiche e capire come l’alimentazione possa incidere su di esse, in una sola parola: fare prevenzione.

Il rischio genetico verso una determinata patologia non comporta il reale sviluppo della patologia stessa; quando però al rischio genetico si associa un “rischio ambientale” le probabilità aumentano fortemente. Nella situazione opposta, un forte rischio ambientale può essere compensato da un profilo genetico protettivo.

Le caratteristiche genetiche individuali (rischio genetico) sono quindi importanti nel determinare la sensibilità ad un rischio ambientale. La grande differenza tra fattori di rischio genetici e ambientali è che i primi sono immodificabili, mentre i secondi possono essere modulati in base a scelte personali che coinvolgono lo stile di vita e le abitudini alimentari.

Alimentazione e genetica si influenzano a vicenda

La nutrigenomica è la scienza che studia il rapporto tra il genoma e la dieta. La nutrigenetica studia il modo in cui ognuno di noi (con un DNA unico e sempre diverso) reagisce alle molecole presenti nei cibi. Esse rappresentano le frontiere delle scienze dell’alimentazione e sono due materie che si sono sviluppate molto nel corso dell’ultimo decennio.

Il cibo e i geni si parlano in continuazione e influenzano con il loro dialogo molti aspetti della salute e della società. 
Tutti gli alimenti che portiamo a tavola contengono molecole che possono influenzare in modo diretto o indiretto l’espressione dei geni con conseguenze importanti sulla nostra salute, sia in positivo che in negativo.
È possibile migliorare il proprio stato di forma e di benessere attraverso una dieta personalizzata sulla base dei nostri geni.
Negli ultimi anni è emerso chiaramente come gli alimenti non servano soltanto come “carburante” per i processi metabolici (non si parla solo di calorie e nutrienti), ma agiscano anche regolando direttamente l’informazione scritta nel nostro DNA. Ad esempio, se un gene riesce a modificare la propria capacità di produrre determinate proteine (enzimi), magari coinvolte nei meccanismi che regolano la digestione, cambierà la nostra capacità di digerire alcuni nutrienti.
Il cibo non influenza solo i geni coinvolti nei processi digestivi, ma anche quelli coinvolti nei processi infiammatori.
Per questo è importante fare attenzione alla nostra dieta e al nostro stile di vita. Conoscere la reazione dei nostri geni a determinati alimenti ci fornisce uno strumento unico di prevenzione su tutta la linea, anche nei confronti di malattie come cancro, Alzheimer o diabete.

Se è vero che il cibo influenza il DNA, è altrettanto vero il contrario: ovvero che il nostro patrimonio genetico può determinare diverse risposte di fronte allo stesso alimento. Un esempio conclamato è il celiaco, colui che non riesce a digerire il glutine.

A partire da questa considerazione, il consiglio nutrizionale che segue il test GENE & DIET®, ha come obiettivo una dieta personalizzata che tiene conto del patrimonio genetico dell’individuo e non solo dei valori “standard” come peso, altezza, genere ed età.

Lo studio dei geni per ottimizzare l’alimentazione 

È ormai noto che le abitudini di vita hanno un effetto determinante sul buon funzionamento dell’organismo e sul benessere dell’individuo. Tra le abitudini di vita, quelle che esercitano il maggiore effetto sono quelle alimentari.
Una corretta alimentazione, infatti, fornisce le sostanze che permettono all’organismo di crescere e di funzionare in modo ottimale. La conoscenza della propria costituzione genetica rappresenta uno strumento innovativo in grado di orientare la scelta dello stile di vita e dell’alimentazione più corretti.
È un approccio innovativo che permette di ottimizzare l’alimentazione ottenendo i massimi benefici e riducendo i fattori negativi.
Partendo dalle differenze genetiche si riesce a delineare un piano nutrizionale personalizzato allo scopo di migliorare il proprio stato di forma e di salute e di prevenire o ritardare l’insorgenza di patologie correlate all’alimentazione.

Come funziona il test GENE & DIET®

Mediante il test  GENE & DIET® è possibile analizzare un insieme di geni coinvolti nel metabolismo, fornendo informazioni utili per determinare lo stile di vita migliore per quell’organismo.

L’esame, in particolare, permette di rilevare predisposizione per:

  • celiachia (sensibilità al glutine)
  • diabete di tipo 2 (metabolismo degli zuccheri)
  • alterazione metabolismo dei lipidi (tendenza a produrre più o meno grasso)
  • sensibilità all’alcool
  • difetti a livello di circolazione sanguigna (rischio cardiovascolare)
  • capacità di produrre infiammazione e di infiammarsi
  • intolleranza genetica al lattosio
  • metabolismo della vitamina D e glutatione (potente antiossidante)
  • deficit epatico nella gestione di sostanze chimiche

Attraverso l’esito è possibile quindi conoscere i punti deboli e i punti di forza dell’organismo e impostare una nutrizione personalizzata e preventiva, al fine di modulare l’impatto della propria genetica sul proprio essere.

Mediante il risultato del test si riesce a capire quali sono i parametri da tenere ed eventualmente le possibili integrazioni consigliabili per tenere il tutto sotto controllo.

Il test genetico non è invasivo e può essere effettuato anche a casa: si acquista un kit per il prelievo della saliva e si spedisce il campione in laboratorio.

Guarda la testimonianza di Andrea, il campione delle Spartan Race

I benefici della dieta genetica 

Risulta evidente quanto lo stile di vita sia un’arma potentissima, la migliore, per tenere l’organismo in stato perenne di energia e ovviamente salute. Affidarsi ad un piano nutrizionale personalizzato, basato sulla nostra genetica, porta innegabili benefici.

Oltre ad aiutare a migliorare il proprio stato di forma fisica, la dieta su base genetica consente di:

  • mantenere sotto controllo i livelli di glicemia
  • ridurre gli attacchi di fame
  • aumentare il senso di sazietà
  • rallentare i processi infiammatori
  • prevenire patologie come diabete, osteoporosi, infarto ed ictus

L’alimentazione è la principale componente ambientale con cui il nostro organismo interagisce. Le modalità con cui gli alimenti interagiscono con il nostro organismo dipendono fortemente dalle nostre caratteristiche genetiche.
L’alimentazione in base alla genetica può infatti costituire il miglior strumento di prevenzione e mantenimento dello stato di salute ottimale.

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Nutrigenomica, Nutrigenetica, Alimentazione
Redattore: Dott. Alessio Tosatto


September 25, 2021 Articolodieta e nutrizione1

Alimentazione antiossidante, il cibo è l’elisir di lunga vita

Sempre più spesso sentiamo parlare di antiossidanti e di dieta antiossidante per contrastare l’invecchiamento, ma cosa significa esattamente?

Il Dott. Alessio Tosatto, biologo nutrizionista in Imbio, ci spiega come l’alimentazione può rallentare i processi degenerativi delle nostre cellule e costituire, di fatto, un elisir di lunga vita.

Cosa sono gli antiossidanti?

Gli antiossidanti sono sostanze in grado di neutralizzare i radicali liberi, materiali nocivi per i nostri organi.
Le proprietà anticancerogene di molti alimenti sono legate proprio al loro prezioso contenuto in antiossidanti.

I radicali liberi sono in grado di danneggiare le cellule e la loro azione nociva si ripercuote sulla salute dell’intero organismo. In particolare i radicali liberi:

  • accelerano i processi di invecchiamento delle cellule
  • Abbassano le difese immunitarie
  • Favoriscono l’insorgenza di patologie

L’organismo riesce ad eliminare i radicali liberi attraverso antiossidanti endogeni (prodotti autonomamente dal corpo) ed esogeni (assunti medianti l’alimentazione). Proprio l’alimentazione rappresenta un aspetto fondamentale del nostro stile di vita, che ci permette di rimanere sani e giovani.

I benefici degli antiossidanti

Un’alimentazione antiossidante ci aiuta a proteggere il nostro organismo da tutti i danni cellulari oltre a prevenire malattie croniche come tumori, malattie cardiovascolari e demenza senile.
È fondamentale per mantenere il benessere e la longevità!

Oltre a combattere i radicali liberi, gli antiossidanti hanno una funzione benefica che coinvolge tutto il nostro organismo e interessa soprattutto il processo d’invecchiamento cellulare.

Gli antiossidanti:

  • Prevengono patologie cardiovascolari
  • Fanno bene alla vista
  • Rallentano l’invecchiamento cutaneo
  • Prevengono la formazione di tumori

Quali sono gli alimenti antiossidanti?

Tutti gli alimenti ricchi di Vitamina E, Vitamina C, carotenoidi, polifenoli e antocianine esercitano un’azione protettiva nei confronti dei radicali liberi.

Pesce azzurro e frutta secca sono importanti in quanto ricchi di Vitamine E ed Omega 3 (grassi buoni).
La frutta, in particolare agrumi e kiwi, ci garantisce un ottimo apporto di Vitamina C. I vegetali di colore arancione ci permettono l’assorbimento di carotenoidi, mentre troviamo polifenoli e antocianine soprattutto nei frutti rossi o nelle mele (uva, fragole, mele e frutti di bosco) o in verdure come pomodori, cipolle, broccoli e melanzane.

Sulle nostre tavole quindi è bene che tutto ciò non manchi mai.

Come si contrasta l’invecchiamento?

L’organismo non è mai a riposo e l’invecchiamento dei tessuti è permanente, anche se diventa più visibile nel tempo (pelle secca, capelli bianchi, dolori articolari, etc.).

Adottando un’alimentazione adeguata è possibile ritardare la comparsa di questi fenomeni naturali e conservare più a lungo la tonicità e la vitalità del proprio organismo. Oltre all’assunzione dei cibi prima indicati è opportuno avere un’alimentazione varia ed equilibrata.

Il segreto della giovinezza e del benessere è mangiare di tutto, facendo attenzione ad assicurare sempre al proprio organismo un buon apporto di frutta e verdura, oli vegetali, pesce, e cereali integrali, tutti alimenti con azione protettiva. Importanti sono anche i metodi di cottura: luce, aria, calore, tempi di cottura indeboliscono le sostanze nutritive e causano il loro deterioramento. Per approfittarne al massimo, è fondamentale mangiare alimenti più freschi possibile, conservarli al riparo dalla luce e dal calore, evitare di pelarli o di prepararli troppo in anticipo e optare per metodi cottura rapidi (cottura al vapore o stufati).

Alimentazione e stile di vita per restare giovani a lungo

Riassumendo: sembra ovvio, ma alimentazione e stile di vita sono fondamentali per contrastare l’invecchiamento.

Un consiglio utile per tutti è quello di praticare attività sportiva almeno 2-3 giorni a settimana, 40 minuti per volta. Mangiare quotidianamente sempre frutta e verdura di stagione, diminuire l’apporto di carboidrati e zuccheri raffinati e ridurre o abolire i grassi idrogenati. Inoltre, un altro aspetto importante da non sottovalutare è la presenza di un’intolleranza alimentare che può dare origine a fenomeni infiammatori e accelerare di conseguenza il processo di invecchiamento del nostro organismo.

Un’intolleranza alimentare può essere la causa di fenomeni infiammatori e generare sintomi come dolore, stanchezza, difficoltà a concentrarsi e facilità ad ammalarsi. Un test affidabile è il test ALCAT®, FDA approved, utilizzato anche presso l’ospedale San Matteo di Pavia ed eseguibile presso moltissimi centri in tutta Italia.
Una sana alimentazione ci aiuta a stare meglio e in salute, aggiungendo qualità alla longevità.

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

 

Riferimenti:  Antiossidanti, Contrastare l’invecchiamento, Alimentazione
Redattore: Dott. Alessio Tosatto


In estate cosa c’è di più fresco e vitaminico di un estratto di frutta e verdura?

Gli estratti di frutta e verdura o i centrifugati, sono un toccasana in questo periodo estivo dove spesso il caldo ci fa passare la voglia di cucinare.

I ritmi e lo stile di vita moderna non consentono di avere l’apporto di frutta e verdura necessario da supportare i fabbisogni di oligoelementi essenziali per l’organismo.

L’estratto è il succo ottenuto attraverso un processo di estrazione per pressione.
Questo sistema ci permette di ricavare un cibo molto valido a livello nutrizionale e poco dispersivo dal punto di vista digestivo ed energetico.

Tanti buoni motivi per bere un estratto di frutta e verdura

Gli estratti di vegetali hanno numerosi vantaggi:

  • sono dissetanti
  • ricchi di vitamine e sali minerali
  • molto utili per depurare il corpo
  • utili per mantenere anche la linea

Gli estratti di frutta e verdura sono un ottimo rimedio naturale adatto a tutti per depurarsi dalle tossine e dai materiali di scarto che sono causa di molti disturbi. Possono essere assunti la mattina o durante la giornata, oppure si può dedicare anche un giorno alla settimana alla depurazione, da abbinare a tisane specifiche e naturalmente molta acqua.

Un metodo alternativo per far mangiare frutta e verdura ai bambini

I bambini, in particolare, non sono grandi fans di frutta ed ortaggi e risulta dunque molto difficile far mantenere un discreto apporto di tali nutrienti. Un metodo semplice e sicuramente più gustoso per far gradire la frutta e la verdura ai bambini è quello di utilizzare gli estratti.

I benefici degli estratti di frutta e verdura 

Importante scegliere frutta e/o verdura con proprietà depuranti, lavarla, inserirla nell’estrattore e raccogliere poi il succo. Questi apparecchi riescono a rompere maggiormente le fibre aumentando la quantità di sostanze nutritive che vengono rilasciate e sono preferibili rispetto alle centrifughe classiche.

Per poter godere appieno di tutti i benefici, la cosa più importante è che i succhi siano estratti nel modo corretto, utilizzando estrattori che mantengono attive le proprietà di frutta e verdura; vanno consumati subito e prodotti con ingredienti freschi e biologici, ancora meglio se di stagione.

Fra gli ingredienti dei centrifugati depurativi più noti troviamo:

  • ananas
  • cetriolo
  • spinaci
  • lattuga
  • mele
  • sedano
  • carota
  • anguria
  • agrumi
  • barbabietola

Naturalmente si possono fare abbinamenti a seconda dei gusti e dell’obbiettivo in termini di disintossicazione che vogliamo raggiungere.

Il consiglio è sempre quello di utilizzare sia frutta che verdura per bilanciare l’apporto di fibre e zuccheri presenti nei vari ingredienti. Inoltre è bene non eccedere con il numero di vegetali (mediamente tre) in quanto si potrebbe verificare qualche piccolo disturbo gastrointestinale (gonfiore e/o eccessive evacuazioni intestinali).

Le ricette del nutrizionista

ESTRATTO DRENANTE AL SAPOR DI PINA COLADA

Frutta e verdura giallo-arancio aiutano a prevenire tumori, patologie cardiovascolari e l’invecchiamento cellulare, potenziando anche la vista.

Ingredienti | Per circa 400-500ml di succo

  • 1/2 ananas 
  • 1 tazza acqua di cocco (bio, senza zucchero)
  • 1-2 lime 
  • Q.b. cubetti di ghiaccio 

Procedimento:
Private l’ananas della buccia, tagliatela grossolanamente e passatela nell’estrattore.
Spremete il lime, aggiungete l’acqua di cocco, mescolate, aggiungete ghiaccio e servite.


ESTRATTO VERDE DETOX

Un mix di frutta e verdura pieno di antiossidanti, minerali e vitamine.

Ingredienti | Per circa 400-500ml di succo

  • 2 mele verdi 
  • 1 cetriolo 
  • 3-4 manciate abbondanti di spinacino fresco o spinaci
  • 1 cm circa di radice di zenzero fresco
  • 1 limone 
  • Q.b. cubetti di ghiaccio 

Procedimento:
Sbucciate il cetriolo e la radice di zenzero. Tagliate grossolanamente gli ingredienti e passateli nell’estrattore, salvo il limone che andrà spremuto a parte. Unite i succhi, aggiungete il ghiaccio ed il gioco è fatto!

 

ESTRATTO ANTIOSSIDANTE ANTI-AGE

Frutta e verdura di colore rosso si distinguono per le loro importanti proprietà antiossidanti e per la capacità di prevenire tumori e patologie cardiovascolari. Gli alimenti rossi, inoltre, sono i più ricchi di vitamina C: favoriscono la produzione di collagene, mantengono integri i vasi sanguigni, stimolano le difese immunitarie e la cicatrizzazione delle ferite.

Ingredienti | Per circa 400-500ml di succo

  • 1 tazza fragole
  • 2 carote grandi
  • 1 barbabietola di medie dimensioni (cruda)
  • Succo di 1 pompelmo 
  • 1 cucchiaino succo di limone (opzionale)
  • Q.b. cubetti di ghiaccio 

Procedimento:
Lavate, pulite e tagliate grossolanamente gli ingredienti e passateli nell’estrattore, salvo il pompelmo che andrà spremuto a parte. Cercate di utilizzare ingredienti biologici, le carote non andrebbero private della buccia.
Unite i succhi, aggiungete il ghiaccio e gustate.

 

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Estate, Frutta e verdura, Estratti
Redattore: Dott. Alessio Tosatto

 



December 29, 2020 Articolodieta e nutrizione

Perdere peso non significa necessariamente dimagrire. Il primo segreto per migliorare davvero il fisico? Non guardare la bilancia!

Lo sapevate che è possibile dimagrire senza perdere peso?
Molti di noi sono ossessionati dai numeri, quelli della bilancia in particolare. In realtà la bilancia può essere fuorviante, perché quello che conta in un processo di dimagrimento è la qualità, ovvero la composizione corporea.

La perdita di peso non corrisponde sempre alla perdita di grasso. Un corpo tonico e in salute, oltre a farci sentire meglio, brucia anche più energie.

È da sfatare il mito che grasso e muscolo pesino l’uno più dell’altro: 1 kg è sempre 1 kg!
In questo caso ciò che cambia è il volume, infatti 1 kg di grasso occupa molto più spazio rispetto all’equivalente peso di muscolo ed è per questo che a parità di peso la nostra forma fisica può migliorare e risultare più efficiente.

Quello che dovremmo voler ottenere durante un processo di dimagrimento non è soltanto una cifra in meno sulla bilancia, quanto una trasformazione della massa grassa in massa muscolare, nello specifico un miglioramento molto significativo dello stato di forma.

Come faccio a dimagrire e migliorare il mio stato di forma?

Innanzi tutto è fondamentale intervenire sull’alimentazione. Inutile privarsi di alcuni alimenti o saltare i pasti, perché per ottenere un dimagrimento giusto ed efficace bisogna seguire una corretta alimentazione con una dieta varia, equilibrata e personalizzata sulle nostre esigenze.

Scopri ALCAT® l’unico test per le intolleranze riconosciuto dalla Food & Drug administration

L’attività fisica, anche blanda, è importantissima per migliorare il metabolismo ed incrementare i nostri livelli di energia.

Immaginiamo il nostro corpo come una macchina: se è alimentato con il giusto carburante e la batteria è funzionante e attiva, carburando consuma di più (metabolismo più veloce) e produce più energia (sviluppa massa muscolare comunemente conosciuta come massa magra)

Come faccio a misurare il mio dimagrimento? 

I primi miglioramenti li possiamo notare non tanto sulla bilancia, quanto sugli indumenti che indossiamo abitualmente, sulla sensazione di benessere e forza che si avverte e anche sull’umore.

La bilancia è semplicemente una sorta di calcolatrice che somma quello che è presente nell’organismo senza tener conto della qualità effettiva. Spesso è uno strumento ingannevole che va quindi utilizzato in maniera e in tempistiche corrette.  Ecco come usare la bilancia nel modo più efficiente.

Mai pesarsi tutti i giorni! Le eventuali variazioni di peso sono legate ai liquidi, che sono soggetti a oscillazioni dovute alle azioni quotidiane e non (digestione, funzionalità intestinale, stress, attività fisica / sedentarietà, cambi di temperatura, etc.). L’informazione che otteniamo non è indice di dimagrimento, ma delle oscillazioni quotidiane di peso.

Non pesarsi il giorno dopo lo “sgarro”. Pesarsi la mattina successiva ad un pasto libero è inopportuno. Anche in questo caso, la digestione un po’ più prolungata dovuta ad un pasto più impegnativo e pesante comporta una maggiore produzione di liquidi, necessari per compiere i processi di assorbimento dei vari cibi e questo influisce sul numero indicato sulla bilancia.
E non bisogna preoccuparsi della variazione di peso, in questo caso, in un’ottica di un corretto stile alimentare non è il pasto libero a lasciare strascichi sul lungo termine.

Non pesarsi più di una volta a settimana. Il suggerimento è quello di pesarsi non più di una volta ogni 7 /15 giorni, cercando di mimare le condizioni della pesata precedente. L’ideale è al mattino a digiuno e non dopo un eventuale sgarro.

Quali sono i limiti della bilancia?

La classica bilancia non fornisce indicazioni sull’effettiva variazione qualitativa del peso, in quanto eventuali cali potrebbero essere associati esclusivamente ai liquidi o peggio ancora alla massa muscolare. Questo non sarebbe affatto un aspetto incoraggiante.

In molti casi la perdita di massa grassa può essere accompagnata da un aumento della massa muscolare (che occupa meno spazio) e questo potrebbe portare a delle oscillazioni di peso dal punto di vista numerico molto lievi se non addirittura nulle.

Dunque è possibile che in un processo di dimagrimento efficiente il peso resta invariato.

Queste situazioni generano spesso uno sconforto che portano la persona ad entrare in conflitto con la bilancia e con la dieta. L’ossessione con la bilancia e con il peso può assolutamente risultare dannosa per il il proseguimento della dieta e per la salute psico-fisica del soggetto. In questo caso è consigliato non pesarsi affatto, proseguire con un corretto stile alimentare associato a della attività fisica e misurare i propri miglioramenti con delle foto o con il centimetro da sarto.

La BIA (bioimpedenziometria) per la misurazione della qualità della massa corporea

Un importante aiuto per decifrare meglio la situazione delle variazioni di peso può essere l’utilizzo della bioimpedenziometria (BIA), una tecnica rapida e non invasiva che permette di misurare la composizione corporea.

La misurazione viene effettuata da uno specialista tramite la semplice apposizione di quattro elettrodi (adesivi da disporre su mani e piedi). Il dispositivo è in grado di misurare i valori bioelettrici di Resistenza (abbinata ai liquidi corporei) e Reattanza (abbinata ai solidi corporei) presenti nel corpo umano.  Un programma su computer elabora i dati e permette di ottenere un’analisi completa in grado di discriminare se le oscillazioni di peso sono imputabili ai fluidi, alla massa cellulare o al grasso.

Massa magra (massa cellulare), massa grassa ed idratazione corporea 

La massa cellulare comprende tutte le cellule viventi ed è la componente metabolicamente attiva dell’organismo, ovvero ciò che produce energia nell’organismo. E’ responsabile delle funzioni vitali dell’organismo. Le proteine di struttura e di funzione del corpo fanno completamente parte della massa cellulare, che rappresenta una grandezza fondamentale da cui derivare la situazione fisiologica e lo stato di nutrizione dell’individuo.  Dalla massa cellulare si determina con grande precisione il metabolismo basale, ovvero il consumo dell’organismo a riposo, necessarie per svolgere puramente le funzioni vitali.

La massa grassa è composta da lipidi, ovvero grasso essenziale e tessuto adiposo.

Il corpo umano è costituito per circa due terzi da acqua, suddivisa nei compartimenti extracellulare ed intracellulare. Uno stato d’idratazione ben bilanciato è la prima condizione per un buon funzionamento del metabolismo e stato di salute.

L’importanza dell’acqua nella dieta 

Per questo un corretto apporto d’acqua è fondamentale per migliorare l’attività metabolica e quindi perdere peso correttamente.

Per la valutazione dello stato di idratazione, la sola quantità dell’acqua non è determinante: è la ripartizione tra acqua extracellulare e acqua intracellulare che determina gli stati di normo / iper/ disidratazione, fondamentali per capire lo stato metabolico del soggetto, ma più in generale lo stato di salute e la capacità antinfiammatoria dell’organismo.

La BIA risulta quindi veramente utile per identificare il dimagrimento corporeo e discriminare tra perdita di peso e perdita di grasso, vero dilemma di ogni persona e indicazione reale del fatto che il soggetto abbia un corretto stile di vita.

Affidarsi ad un professionista che sappia personalizzare la nostra dieta inoltre è importante per riuscire ad ottenere risultati concreti e migliorare il nostro stato di forma e di salute. Ricordiamoci sempre che una dieta sana, varia ed equilibrata è il metodo migliore di prevenzione.

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Alimentazione, Dieta, Misurazione Bioimpedenziometrica
Redattore: Dott. Alessio Tosatto


donna mangia panino cortisolo e attacchi di fame

Il cibo scatena reazioni chimiche che possono influenzare il nostro umore, ecco perché cibo ed emozioni sono connessi. Cosa ci spinge a mangiare dolci o cibo spazzatura?

Il periodo di forti restrizioni dal punto di vista sociale non aiuta anche e soprattutto dal punto di vista emotivo. L’alterazione dello stato emotivo può comportare una serie di reazioni a livello metabolico, in cui gli ormoni hanno un ruolo di primissimo piano in questo meccanismo.

È oramai assodato che ci sia un’associazione tra emozioni ed ormoni. Il cibo è chimica non c’è dubbio, ma è possibile percepirlo anche come un’emozione e quindi come qualcosa di astratto. Le emozioni viaggiano attraverso messaggeri chimici, che possiamo chiamare neurotrasmettitori, nel cervello e quando trovano la loro serratura (un recettore) vi si incastrano perfettamente e trasmettono il loro segnale.

E’ ormai ben noto che un ormone normalmente viene prodotto immagazzinato in un punto del corpo, poi viaggia verso i suoi recettori posti in altre parti del corpo, ma è da relativamente poco tempo, che si sa che gli ormoni sono anche prodotti dalle cellule nervose nel cervello.

Il sistema limbico, sede delle emozioni nel cervello, è un sito decisivo per la recezione degli ormoni che possono creare stati d’animo e sensazioni.

È dunque risaputo che gli ormoni prodotti dal nostro corpo in seguito all’ingestione degli alimenti, vadano ad agire anche nelle aree del cervello con la conseguenza di creare emozioni, sensazioni e pensieri, oltre che effetti metabolici nei diversi organi.

Così come è evidente che stati alterati della nostra mente ci inducano alla ricerca di determinati nutrienti per compensare a qualche deficit. Stati di stress e tensione emotiva portano mediamente un calo di serotonina, neurotrasmettitore prodotto per la stragrande maggioranza a livello intestinale, a partire da un amminoacido, il triptofano.

In queste situazioni il nostro sistema nervoso ci manda segnali di “voglie” di dolci, cioccolato o carboidrati come pizza o pasta. L’introduzione di questi cibi porta ad una significativa produzione da parte del pancreas di insulina, ormone che crea un innalzamento dei livelli di triptofano, precursore appunto della serotonina.

biscotti

L’insulina induce un aumento del trasporto di alcuni amminoacidi (leucina, isoleucina e valina) nel muscolo e di conseguenza permette un trasporto più semplificato del triptofano al cervello. Questi quattro amminoacidi sono in competizione tra loro per lo stesso trasportatore che arriva a livello del cervello.

Lo stress è artefice di diverse alterazioni ormonali

Quindi per saziare la richiesta di serotonina siamo portati ad introdurre cibi ad alto indice glicemico, zuccheri e farine raffinate, avvertendo senso di benessere e appagamento a livello mentale, ma i sistemi che intervengono e agiscono in questi sistemi sono numerosi e complessi.

Lo stress è artefice di diverse alterazioni ormonali. Si crea una vera e propria cascata ormonale che parte dall’ipotalamo (il cervello del nostro cervello) e arriva alle ghiandole surrenali con la produzione di cortisolo. Questo ormone manda dei segnali al cervello per aumentare l’appetito, soprattutto verso i carboidrati ed i grassi, cioè verso i cibi particolarmente ricchi di calorie, proprio per fornire all’organismo le maggiori energie possibili per contrastare la situazione di stress.

 

Quando il cibo diventa uno strumento di gratificazione (leggi l’articolo)

 

In particolare il cortisolo tende ad aumentare lo stoccaggio dei grassi per conservarli in situazioni di emergenza e questo lo fa mediante un segnale diretto di accumulo, ma anche inibendo l’attività di molti altri sistemi ormonali.

Si verificano quindi più spesso sbalzi glicemici e crisi di fame per i carboidrati. Diminuendo la serotonina ci sentiremo più facilmente depressi, diminuendo l’ormone della crescita GH caleranno i muscoli ed aumenterà il grasso e riducendo gli ormoni sessuali (testosterone ed estrogeni) diminuirà la libidine.
Quindi alla fine ci si ritroverà affamati, depressi, deboli, grassi e con meno libido.

Misura i livelli di cortisolo con un test non invasivo su saliva

Come disinnescare il circolo vizioso della dipendenza da zucchero?

Purtroppo l’utilizzo di zuccheri e grassi all’interno dei prodotti è smisurato: questi alimenti creano una sorta di “dipendenza”, che non fa mai percepire il senso di sazietà ed anzi al contrario invogliano a consumarne di altri, anche e soprattutto per la loro capacità di nutrire la serotonina cerebrale.

Zuccheri e farine raffinate introdotti in eccesso, per mano sempre dell’insulina possono trasformarsi in grassi con il loro accumulo nei tessuti. Fino a che il livello dell’insulina è alto, il glucagone, l’ormone contrapposto all’insulina, non può agire e quindi è difficoltoso perdere peso. Lo stesso avviene se l’insulina in circolo è alta per motivi fisiologici o patologici (es. insulino-resistenza, o nel caso del diabete).

Il trattamento più efficace per interrompere questo circolo vizioso è dato dalla pratica di attività fisica regolare, associata al dimagrimento e all’adozione di una dieta bilanciata, in cui i vari nutrienti siano introdotti nel momento giusto della giornata e ben abbinati tra loro.

Mangiare poco, abbinare male gli alimenti e allenarsi troppo possono peggiorare la nostra condizione fisica. Perché mangio poco, mi alleno e non dimagrisco?

Diventa quindi determinante la composizione qualitativa della dieta che influenzerà il cervello e di conseguenza la produzione ormonale e i comportamenti, ma ovviamente anche la struttura  corporea.

Una dieta eccessivamente restrittiva o comunque non bilanciata e/o un sovrallenamento fisico sono fonte di stress che scatena alterazioni ormonali, non porteranno ad una corretta perdita di peso, ma piuttosto a perdere i muscoli invece del grasso.

Quali sono gli alimenti giusti per avere energia?

Anche il piano energetico ovviamente ne risente, infatti per esempio, se si mangia un dolce è più facile che si abbia voglia di fare una bella dormita, proprio per la maggior quantità di serotonina a livello cerebrale.

Per potenziare la nostra carica è bene introdurre gli aminoacidi ramificati (leucina, isoleucina e valina) molto presenti nei cibi proteici come carne, pesce e uova che competono a livello del sistema nervoso con il triptofano, diminuendo la produzione di serotonina e quindi l’eccessivo rilassamento, ma soprattutto tenendo sotto il controllo il rischio di assuefazione e dipendenza.

Alimentazione, attività fisica e riposo: la triade del benessere a 360°

Risulta quindi evidente come con la composizione della dieta è possibile influenzare il cervello e modulare la produzione di ormoni. Ogni cibo può scatenare reazioni il cui beneficio non è scontato che sia totale per tutto l’organismo. Importante quindi creare un corretto stile di vita in cui alimentazione, attività fisica e riposo siano ben amalgamati tra loro al fine di ottenere un benessere fisico e mentale a 360 gradi.

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Alimentazione, Serotonina, Ormoni dello stress
Redattore: Dott. Alessio Tosatto


Il cambio di stagione porta spesso cambiamenti, specialmente a tavola!

Il cambio di stagione porta cambiamenti anche al nostro corpo e all’umore: stanchezza, stress e mancanza di energia spesso accompagnano l’arrivo dell’autunno. Ecco allora quali alimenti preferire per superare al meglio il passaggio dai mesi più caldi a quelli più freddi.

L’autunno è ampiamente arrivato e con sé ha portato un notevole cambio di prodotti alimentari. Uno stile di vita corretto e sano prevede di consumare il più possibile cibi di stagione e il rispetto di tale indicazione aiuta a mantenere il proprio corpo in uno stato di equilibrio e soprattutto di salute.

La scelta è ampia ed è importante ricordare che più si varia, più l’alimentazione sarà completa ed equilibrata e questo permetterà all’organismo di funzionare meglio.

Ma quali sono gli alimenti dell’autunno? I primi freddi portano soprattutto ad un significativo cambio dei cibi vegetali.

Frutta di stagione per prevenire i malanni  

Tra i frutti risalta il melograno che, ricco di minerali e vitamine (in particolare la vitamina C) possiede proprietà diuretiche, depuranti e soprattutto antiossidanti, fondamentali per l’attività del nostro sistema immunitario.

Secondo numerosi studi scientifici, aiuterebbe anche nel controllo del colesterolo. Altro frutto protagonista dell’autunno è il kiwi, ricchissimo di vitamina C, utile per prevenire il raffreddore e vari malanni stagionali. Apporta notevoli benefici anche alla motilità intestinale, quindi molto utile per chi soffre di stitichezza.

Tra i frutti più presenti sulle tavole ecco la mela, della quale ne esistono diverse tipologie, ognuna di esse con le proprie valide caratteristiche. Anche questo frutto ha una buona concentrazione di vitamina C, oltre che alcune vitamine del gruppo B, importanti per dare energia fisica e mentale. Le mele, inoltre, hanno pochissime calorie ed aiutano ad eliminare le tossine nel corpo, poiché molto ricche di acqua. Oltre a consumarle così come sono, le mele si prestano alla preparazione di tantissime ricette sfiziose sia dolci che salate.

In autunno arrivano anche le prime arance, che oltre ad essere fonti di vitamina C, sono anche un carico di flavonoidi, sostanze antiossidanti che stimolano la produzione di collagene importante per pelle, cartilagini ed ossa.

Altri frutti interessanti sono i cachi, ottimi drenanti e diuretici, capaci di dare molta energia in quanto contengono molti zuccheri, ma quindi da prestare attenzione nel loro consumo per chi soffre di problematiche legate alla glicemia. Ideali invece sicuramente per chi fa sport.

Simile è l’uva, molto calorica, ricca di zucchero, quindi attenzione a non abusarne. L’uva, però, è anche un’ottima fonte di resveratrolo, potente sostanza con effetto antiaging, antinfiammatorio e antitumorale.

Tutte le verdure da portare a tavola in autunno  

Tra gli ortaggi, l’autunno ci porta in dono il carciofo, un digestivo naturale, ricco di potassio e altri minerali, ha proprietà diuretiche e depuranti grazie alla presenza di cinarina, sostanza che conferisce il caratteristico sapore amarognolo, ma che aiuta tanto a disintossicare il fegato. Il carciofo infatti favorisce la produzione degli acidi biliari, permettendo un corretto detox epatico. I maggiori benefici si ottengono consumando però questo ortaggio in forma naturale, crudo.

Tra gli ortaggi, la principessa dell’autunno è la zucca, i cui utilizzi si prestano a svariate ricette, sia salate che dolci. La polpa è particolarmente ricca di carotenoidi, importanti protettori della pelle e fondamentali per mantenere efficiente il nostro sistema immunitario. La zucca ha un bassissimo apporto calorico, è molto leggera, digeribile e ha proprietà diuretiche e lassative. Da non dimenticare sono anche i semi di zucca, che contenendo grassi buoni, fitosterolo e fitolecitina, hanno una discreta proprietà antinfiammatoria e aiutano a prevenire disfunzioni delle vie urinarie e della pelle.

I nuovi arrivi comprendono anche una categoria di ortaggi molto importanti e salutari, ovvero le crucifere, che racchiudono broccoli, cavolfiori e cavoli. Sono una fonte notevole di vitamine, in particolare A, quelle del gruppo B, C ed acido folico, importantissimo per la formazione dei globuli rossi e la circolazione del sangue. Importante anche il loro apporto di minerali, tra cui troviamo fosforo, calcio e potassio, utili per dare energia e sostenere la struttura dell’osso. Hanno un ottimo potere antiossidante, in quanto ricchi di carbinolo, sostanza che modula gli estrogeni, prevenendo problematiche oncologiche in particolare ad utero, seno ed ovaie. Inoltre elevata è la presenza al loro interno di clorofilla che aiuta l’organismo nella produzione di emoglobina e quindi a prevenire eventuali stati di anemie. Come molti altri ortaggi hanno un basso contenuto di calorie e soprattutto un’ottima capacità saziante, utili quindi per chi è a dieta e ha necessità di perdere peso.

Da citare, perché spesso presenti sulle tavole autunnali anche i funghi e le castagne, tipici prodotti di stagione. I primi non contengono grassi, ma appartengono alla famiglia dei lieviti, quindi per chi soffre di intolleranza a tale famiglia è opportuno non eccedere nel loro consumo. I funghi, inoltre, sono istaminici, ovvero liberatori di istamina e quindi in grado di contribuire a sviluppare reazioni pseudoallergiche. Per questo motivo, anche in questo caso, attenzione per coloro che sono soggetti sensibili. In compenso i funghi sono molto ricchi di acqua, minerali, amminoacidi essenziali, vitamina D e vitamine del gruppo B, importanti per ossa, sistema nervoso e immunitario.

Infine ecco le castagne, considerate appunto il vero simbolo dell’autunno, buona fonte di vitamina E e composti fenolici, sostanze con capacità antitrombotiche e quindi molto importanti per la salute del cuore. Sono ricche di acqua e fibre, utili per regolarizzare l’intestino e ridurre l’assorbimento del colesterolo ed essendo prive di glutine, la farina di castagna è l’ideale per le ricette di soggetti celiaci. Per le sue caratteristiche infatti la castagna va intesa come un carboidrato, quindi importante consumarla nelle giuste modalità.

Anche l’autunno ci offre diverse soluzioni, dunque importante considerare i prodotti di stagione, nel loro insieme e nella loro varietà, per sfruttare al meglio le loro proprietà benefiche.

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Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Alimentazione, dieta, autunno
Redattore: Dott. Alessio Tosatto


Cosa sono gli acidi grassi, i lipidi sono nemici o alleati del nostro organismo?

Gli elementi che costituiscono i lipidi, ovvero gli acidi grassi, svolgono numerose funzioni all’interno del nostro organismo, oltre ad essere un’importante fonte energetica. In particolare, alcuni di essi sono essenziali per la salute dell’organismo.

Esistono diverse tipologie di acidi grassi a seconda della loro struttura e conformazione:

  • gli acidi grassi saturi
  • gli acidi grassi insaturi (monoinsaturi e polinsaturi)

Quest’ ultimi si possono ulteriormente suddividere in monoinsaturi (MUFA) e polinsaturi (PUFA).

La maggior parte degli acidi grassi può essere sintetizzata dall’organismo, ma l’uomo non è provvisto delle sostanze chiave per la produzione degli acidi grassi essenziali che sono importanti per il nostro metabolismo e che quindi devono essere introdotti con l’alimentazione e/o con eventuali integratori.

Tali acidi grassi sono l’acido α-linoleico (acido grasso polinsaturo maggiormente noto come omega 3) e l’acido linoleico (acido grasso polinsaturo conosciuto come omega 6).

Perché gli acidi grassi sono importanti per la salute?

Nelle diete moderne gli acidi grassi maggiormente introdotti sono gli omega 6 a discapito degli omega 3.
I livelli e l’equilibrio degli acidi grassi delle due serie sono importanti per la prevenzione e il trattamento di problematiche cardiovascolari, diabete di tipo 2, disordini immunitari ed infiammatori.

Negli ultimi anni la proporzione tra acidi grassi omega 3 ed omega 6 nell’alimentazione occidentale è mutata profondamente e, poiché queste due famiglie di acidi grassi condividono lo stesso percorso metabolico, ciò ha destato apprensione in merito ad eventuali rischi per la salute.

Preoccupazioni circa il rapporto omega 6 e omega 3 spesso sono riconducibili alla modesta assunzione di omega 3, anziché all’eccesso di omega 6.
Il rapporto ideale omega 6 e omega 3 dovrebbe essere 4-6 : 1; tale rapporto negli ultimi anni è purtroppo in netto aumento (15-18 : 1).

Diventa dunque utile per la salute eseguire un dosaggio degli acidi grassi per impostare una sana alimentazione ed una eventuale corretta terapia.

Esiste un test su sangue ( profilo degli acidi grassi ) che ci permette di rilevare i livelli di acidi grassi nell’organismo, in particolare il rapporto omega 6 e omega 3 e fornire di conseguenza i consigli nutrizionali e terapeutici del caso.

Richiedi subito il test profilo degli acidi grassi

Acidi grassi e alimentazione come prevenzione e terapia 

L’alimentazione diventa nella maggior parte dei casi una parte fondamentale della terapia.

Il maggior apporto di olio extravergine d’oliva a crudo, pesce (in particolare salmone, acciughe, sardine e sgombri), uova (da sfatare tutte le su negatività), frutta secca, semi vari, cocco e avocado contribuisce ad aumentare il livello di grassi “buoni” e correggere il rapporto prima citato, indice di buona salute e capacità antinfiammatoria.

Importante ovviamente ridurre anche i grassi “cattivi”.
Questa categoria è contenuta prevalentemente in cibi con margarina o cucinati in altri oli / grassi semi-idrogenati o nella maggior parte dei prodotti dolciari industriali.

Quali sono i metodi di cottura migliori per preservare gli acidi grassi buoni? 

Il metodo di cottura e conservazione degli alimenti influisce sulla qualità dei lipidi contenuti in essi.

L’eccessiva esposizione termica favorisce la trasformazione degli acidi grassi nella conformazione dannosa, come avviene ad esempio durante la frittura eccessiva e/o il superamento del punto di fumo; inoltre perfino una pessima conservazione del prodotto (a causa di batteri, luce, ossigeno, alte temperature) può causare l’aumento di questa tipologia di conformazione di acidi grassi.

Quali sono gli alimenti che contengono la maggior quantità di acidi grassi “cattivi”?

Tuttavia, esistono anche molti alimenti naturali che di per sé contengono acidi grassi “cattivi”.
È il caso di alcuni prodotti caseari e di certi tagli di carne. Questo fenomeno è legato alla fisiologia gastrointestinale dei ruminanti che, durante il processo digestivo, subiscono la fermentazione batterica del contenuto da digerire; durante questo processo, i microorganismi determinano la conversione di alcuni acidi grassi “buoni” in acidi grassi “cattivi” poi assorbiti a livello intestinale, secreti nel latte e/o accumulati nelle carni.

Gli alimenti che contengono la maggior quantità di acidi grassi “cattivi” nello specifico sono margarine, brioches, snack dolci, salatini, patate fritte surgelate, krafen, burro, dadi da brodo, preparati per minestre, alimenti da fast-food, pesce surgelato in panatura, pop-corn in busta e formaggi stagionati.

Quali rischi comporta un’eccessiva assunzione di acidi grassi “cattivi”?

Questi alimenti peggiorano il trasporto dei grassi nel sangue; essi possono determinare l’accumulo di colesterolo all’interno delle pareti vascolari e successivamente la formazione di depositi (le cosiddette placche aterosclerotiche) con incremento del rischio di eventi cardiovascolari.

Questi alimenti peggiorano inoltre l’efficienza e la funzionalità delle cellule e quindi di tutto il sistema: essi si inseriscono nel mosaico delle membrane delle cellule provocando un relativo “irrigidimento” con conseguente limitazione della produzione energetica, di assorbimento e di comunicazione con le altre cellule.

Questi grassi entrano in competizione con gli acidi grassi essenziali nella costituzione delle membrane cellulari, pertanto, anche un apporto significativo di omega 3 può essere vanificato da un’alimentazione complessivamente scorretta. Come in ogni caso è fondamentale l’equilibrio.

È bene inoltre ricordare che tutti gli alimenti confezionati (prodotti da forno, dolciari, snacks) che non specificano in etichetta la dicitura “senza acidi grassi idrogenati” è molto probabile che li contengano, quindi importante come sempre la lettura delle etichette.

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Affidarsi ad un professionista è sicuramente un valido strumento per migliorare il proprio stato di salute, con conseguente miglioramento della qualità della vita.

 

Dott. Alessio Tosatto

Biologo Nutrizionista

Riferimenti:  Acidi grassi, grassi buoni, grassi cattivi, colesterolo, Alimentazione, Dieta
Redattore: Dott. Alessio Tosatto


February 21, 2017 Newsletter

testosterone

 

Il testosterone fa parte del gruppo degli androgeni, derivante dal colesterolo, viene prodotto principalmente in risposta all’ormone LH dai testicoli, ma anche a livello delle ghiandole surrenali sia negli uomini che nelle donne e in minor misura nelle ovaie.



December 22, 2016 EventiNewsletter

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L’intestino è un organo di primaria importanza per il benessere dell’organismo:  ricerche scientifiche arrivano persino a descriverlo con la locuzione “secondo cervello”. Le cellule enterocromaffini presenti nella mucosa gastrica producono infatti la maggior parte della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere implicato in numerose funzioni biologiche tra cui il ciclo sonno-veglia, la sazietà, il tono dell’umore e la regolazione  dell’appetito. Una situazione di squilibrio della flora batterica intestinale è direttamente correlata all’insorgenza e all’andamento di malattie tra cui obesità, allergie e intolleranze alimentari, patologie infiammatorie e metaboliche. Eppure, troppo spesso, nella diagnosi e nella cura delle patologie si trascura di valutare le dinamiche in essere nell’intestino.
Il corso Universo intestino: dalla patologia alla prevenzione attraverso lo studio della permeabilità intestinale e del microbiota in programma a Milano sabato 4 febbraio vuole catalizzare l’attenzione di medici, biologi, nutrizionisti, dietisti e infermieri sul microbiota intestinale, ovvero su quell’insieme dei microrganismi che colonizzano il tubo digerente umano.
Nel nostro intestino convivono batteri eubiotici (buoni) e disbiotici (cattivi): i buoni lavorano per assorbire e trasformare i nutrienti assunti con l’alimentazione (oligoelementi, proteine, carboidrati, minerali, ecc).
Gli interventi introdotti e coordinati dal Prof. Giuseppe Di Fede – Direttore Sanitario di Istituto di Medicina Biologica Milano e dell’Istituto di Medicina Genetica Preventiva di Milano; Docente al Master di Nutrizione Umana c/o Univ. Pavia; Socio Fondatore di Associazione Ricerca Terapie Oncologiche Integrate A.R.T.O.I. – vogliono fare il punto sui più recenti studi in materia perché è ormai assodato quanto una composizione diversificata ed equilibrata del microbiota sia fondamentale per il benessere della persona. Il corso si compone di due parti: la mattina, dal taglio pratico, contempla un approccio esaustivo e quanto più possibile articolato dell’argomento. Il Prof. Michele Di Stefano –  Dirigente Medico presso Fondazione IRCCS del Policlinico di Pavia, Specialista in medicina interna, gastroenterologia ed endoscopia digestiva – fa una rassegna degli studi più recenti pubblicati su riviste specializzate e in convegni di risonanza internazionale. Il Farmacologo Dott. Daniele Orlandoni spiega come si svolgano le indagini diagnostiche di laboratorio; i Biologi Nutrizionisti Dott. Davide Iozzi e Dott. Alessio Tosatto pongono in relazione disbiosi intestinale e intolleranze alimentari, sia sul piano teorico sia sul piano clinico, presentando una serie di casi trattati direttamente in questi ultimi anni.
Nel pomeriggio sono invece proposti due focus incentrati sul rapporto del benessere intestinale sia con la pratica sportiva (relatore il Dott. Sacha Sorrentino,  Biologo Nutrizionista esperto in Nutrizione Sportiva) sia con le terapie antiaging (Dott. Francesco Balducci, Medico Chirurgo esperto in medicina antiaging, preventiva e predittiva oltre che Nutrizionista e Personal Trainer di fama).
Ogni singolo intervento è mirato a sottolineare quanto sia necessario un approccio globale che consideri l’intestino come un organo centrale per la salute dell’organismo. Il corso, attraverso un continuo cambio di scala e di prospettiva, dal particolare al generale, dal campione analizzato al microscopio all’individuo, vuole dimostrare che la via del benessere passa dalle viscere.

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